ULTIME NOTIZIE AS ROMA NAPOLI SPALLETTI – Fosse per lui giocherebbe una partita del genere ogni settimana, perché si esalta quando l’asticella si alza e l’obiettivo diventa più difficile da raggiungere. Luciano Spalletti pesa ogni parola, anche quelle dette agli ultrà davanti al “Maradona” prima della partenza per Roma, scrive La Gazzetta dello Sport.
Difende i suoi giocatori, spiega ai tifosi: «Che loro sono importanti e da sostenere». Ringrazia per l’appoggio ma chiede che quell’affetto sia riversato sulla squadra. Prova a fare un passo indietro, ma è lui il grande protagonista della sfida di stasera all’Olimpico. «Ho capito che per essere felice e vivere bene il calcio Roma-Napoli è la mia partita, della mia vita, ma non sarà mai una gara contro un nemico, piuttosto tra due parti di me. Voglio vincere. Ovviamente sarò tutto del Napoli, ma la Roma non sarà mai la mia nemica».
Dice di non essere cambiato ma in campo come nelle conferenze – per le quali si prepara accuratamente – è diventato più concreto, meno svolazzi e più fatti. A volte la vita ti cambia e i due anni da eremita sulle colline toscane, oltre a gioie e dolori, sicuramente lo hanno portato a riflettere: «Non bisogna vivere invano. Dicono che ero nervoso, ma io la definirei simpatia selettiva. Mi sveglio sempre in forma e poi mi deformo in base a chi incontro».
Spalletti vuole spiegare, non attacca i rivali di oggi. Per Mourinho, che non ha mai battuto nelle quattro precedenti sfide tutte fra Roma e Inter, ha parole di stima, nessuna ricerca di provocazione. «È uno di quelli che migliorano la qualità dei campionati dove lavora. Io ho sempre guardato quelli più bravi, Mourinho è uno di questi, poi c’è la partita e lì valuteremo cosa fare come scelte, iniziative. Essere accostato a lui è un onore, ma non è avvicinabile, lui è veramente differente, ci ha insegnato l’importanza anche delle conferenze o di cosa si dice fuori dallo spogliatoio. La partita azzera tutto, in questo momento per significati diversi può dare una svolta ad entrambe le squadre».
Il rischio dei fischi all’Olimpico? «È già avvenuto, quei fischi non me li merito, so quanta passione e quanto amore, quanta ossessione ho dato alla Roma e per la Roma. Mi consolerò col ricordo degli applausi delle magnifiche partite vinte giocando un calcio spettacolare, ottenendo vittorie che hanno fatto la storia della Roma». Non lo dice per non provocare: ma i dati statistici sono lì a dimostrarlo, dopo di lui i giallorossi non hanno più vinto un trofeo. Fatti, non chiacchiere.
Teme la reazione d’orgoglio dei giallorossi, dopo il flop in Norvegia: «Io non avrei voluto quel 6-1. Il resto è valutazione di Mourinho. Dovremo essere reattivi in base a quello che sarà il gioco della Roma, perché ha varie situazioni, più modi per attaccare, ha le nostre qualità nel gioco corto in trequarti, ha Zaniolo con gli strappi, Abraham che attacca gli spazi. Noi vogliamo pilotare la partita, non fare i passeggeri».
L’ultimo pensiero è per Totti delizia e croce della sua Roma: «Per lui ho fatto cose che non avrei mai pensato di fare per nessun altro calciatore. Ma rifarei tutto. Col pallone tra i piedi è il più forte che ho allenato e tra i migliori di questa era» e ripete due volte: «Col pallone coi piedi», perché l’ultimo re di Roma quarantenne non correva più e diventava ingombrante nella squadra. Ecco allora che Lucio l’unica battuta la dedica proprio a Checco: «Non spoilero la serie che farò io su Totti: speriamo de morì tutti dopo…».
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