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Rassegna stampa

Nela: “Cuore e carattere come col Dundee”

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AS ROMA NEWS BODO/GLIMTBodo come Dundee United. Qualcuno, dopo quanto accaduto in Norvegia sei giorni fa, ha usato questo metro di paragone per la gara di domani sera. Ora, ricordato che Roma-Dundee, giocata il 25 aprile 1984 e finita 3-0 per i giallorossi, fu una semifinale di ritorno di Coppa dei Campioni e che la squadra di Lieldholm a fine stagione sfiorò un incredibile Treble seconda in campionato, sconfitta ai rigori nella finale europea contro il Liverpool, vincitrice della Coppa Italia -, il clima che si sta creando attorno a questo match ricorda la vigilia contro gli scozzesi. L’Olimpico sarà pieno, il 25 aprile 1984 ci furono 68.060 spettatori e la voglia non è solo quella di ribaltare il risultato e festeggiare l’approdo nelle semifinali di Conference, ma anche rifilare una lezione esemplare ai norvegesi.

Sebino Nela, fresco di nomina di ambasciatore di Genova nel mondo, giocò la doppia sfida contro il Dundee. La foto in cui al termine della gara dell’Olimpico mostra il dito medio all’allenatore scozzese Jim McLean accompagna il romanzo di quella partita. Questa la sua intervista a Il Messaggero.

Nela, che cosa scatenò la vostra rabbia?

«Nella partita giocata in Scozia non ci furono episodi particolari. Il match fu corretto. Qualche giorno prima del match di ritorno i giornali italiani riportarono però alcune espressioni pesanti dell’allenatore del Dundee contro gli italiani. Italian Bastards ripetuto più volte. Questi insulti ci indignarono e a fine match si scatenò la nostra reazione. La foto che mi ritrae con il dito medio è l’immagine più forte di quel momento. Mi dispiace, non bisognerebbe mai compiere gesti come questo, ma all’epoca avevo 23 anni e poi aggiungi la tensione di quel pomeriggio».

Anche Cerezo, Di Bartolomei, Oddi e Righetti dissero qualcosa a Mclean.

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«Ago si era arrabbiato leggendo le dichiarazioni dell’allenatore scozzese. Tutti, in generale, volevano replicargli dopo quell’Italian Bastards».

Si sta creando un clima simile in vista della gara contro il Bodo.

«Beh io intanto preciserei i contorni. Quella fu una semifinale di Coppa dei Campioni, mentre qui siamo nella terza delle coppe europee. Quella Roma fu una squadra straordinaria».

Non c’è il rischio che un eccesso di tensione possa danneggiare la Roma contro i norvegesi?

«In queste situazioni si misura lo spessore di un gruppo. Noi dovevamo rimontare lo 0-2 dell’andata e segnare almeno tre gol per andare in finale, ma quel giorno scendemmo in campo con la carica di chi era pronto a dare il mille per cento. La sfida contro il Bodo va affrontata così, anche perché il pubblico della Roma storicamente, di fronte a una prestazione di cuore e di carattere, non condannerà mai i giocatori».

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Che cosa serve per un’impresa sportiva?

«Senso di appartenenza, carattere, passione. Poi, se l’avversario si dimostra più forte, gli stringi la mano».

Tutti con Mourinho: ha riunito una tifoseria spaccata da almeno un decennio.

«Adoro Mourinho. Avrei voluto essere allenato da lui quando giocavo. Se mi avesse chiesto di andare a schiantarmi contro il muro a duecento all’ora, io lo avrei fatto a trecento».

FOTO: Credit by Depositphotos.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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