Radja Nainggolan

(Gazzetta dello Sport – D. Stoppini) Uno qualunque per il Belgio, primus inter pares a Trigoria. Radja Nainggolan è qui, a metà tra l’inferno che è il Belgio – e mica solo per il soprannome dei Diavoli Rossi – e quella Mirabilandia che è San Siro. A mezzogiorno, mentre il c.t. Roberto Martinez comunicava un’altra lista di convocati – la seconda di fila – senza il suo nome, Nainggolan si allenava mescolando occhi tristi a gambe forti. Il mix è questo, incredibile ma vero. Con una postilla antipatica: non è un’esclusione qualunque, Nainggolan rischia il Mondiale in Russia.

POLEMICHE – Di fatto, è il peggior momento della sua storia con il Belgio, proprio mentre prepara il ritorno nello stadio che ha segnato – al contrario – il picco più esaltante della sua storia in Serie A, la doppietta all’Inter del 26 febbraio scorso. «Oggi il più forte gioca con la Roma», commentava quella sera la Gazzetta. Il più forte, sette mesi più tardi, non è degno di rientrare tra i 26 convocati del Belgio, compresi quattro portieri e un difensore, Kompany, che con il City non ha giocato neppure un minuto in tutto il mese di settembre perché infortunato. «È una decisione puramente calcistica», ha detto Martinez. Ci credono in pochi, in Belgio. Sui social, ieri pomeriggio, è diventata popolare un’immagine e un hashtag del tipo «Je suis Radja». Forse troppo. Forse no. Pure dentro una nazionale che è già qualificata matematicamente per Russia 2018: «Voglio dare continuità al lavoro fatto – ancora Martinez –. Abbiamo trovato le migliori situazioni possibili, non serve sperimentare, in futuro si vedrà. Nainggolan è nel gruppo dei 50 giocatori che monitoriamo, ma adesso le cose vanno meglio senza di lui». Duro e forse non sincero fino in fondo, perché chi conosce le cose dei Red Devils racconta di un c.t. che ancora non ha digerito i ritardi alle riunioni tecniche – uno per Radja, tre secondo quanto fatto filtrare da Martinez – dello scorso giugno. Ergo: decisioni che poco hanno a che fare con questioni tecniche, ma esclusivamente disciplinari.

IN SILENZIO – L’altro Nainggolan è quello che ieri non è certo rimasto sorpreso per la notizia, ma non ha nascosto la delusione con chi gli stava attorno. Ha evitato di commentare, scegliendo la strada del silenzio. A leggerla con gli occhi di Di Francesco, può essere messa anche così: il tecnico può sperare di far leva sulla rabbia di Nainggolan già da domani, motivo in più per far ruotare il centrocampo attorno al belga. Sarà l’unica faccia del reparto gallorosso che bisserà la fatica di Baku: «Dobbiamo fare meglio e lo sappiamo», ha detto lui dopo la vittoria più faticosa del previsto con il Qarabag. San Siro gli fa bene all’animo: in nessun altro stadio – Roma e Cagliari esclusi, per ovvi motivi – ha segnato di più (tre gol). Il Milan gli ricorda un affare che non si chiuse per… 750 mila euro: mancava l’ok di Berlusconi, una sera di inizio gennaio 2014 s’infilò Sabatini e il Ninja divenne della Roma. Così poco (denaro) per non diventare rossonero, così poco (tempo) per conquistare anche Di Francesco dopo Rudi Garcia e Luciano Spalletti. Gli manca Martinez, ma forse quella è l’unica partita che Radja considera persa già in partenza.



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