Se «Thriller» di Michael Jackson vi faceva ballare tutta la notte, se «Blade Runner» vi trasportava al «largo dei bastioni di Orione», se «Il nome della rosa» di Umberto Eco vi raccontava un Medioevo che non avevate mai immaginato; insomma, se gli anni Ottanta per voi sono stati i migliori della vita, be’, mettetevi comodi, può essere che la Serie A 2016-17 possa portarvi indietro nel tempo, quando Roma e Juventus lottavano per lo scudetto – ma davvero, non come è successo negli ultimi anni – e l’Italia calcistica assisteva al duello fra giganti. Intendiamoci, Paulo Roberto Falcao e Michel Platini, al momento, latitano malinconicamente alle nostre latitudini però – se la squadra bianconera ha la leadership del torneo – dopo le vittorie contro Inter e Napoli, quella giallorossa sembra essere al momento la più accreditata antagonista stagionale.

EFFETTO DZEKO – Sarà per merito del nutrizionista Rillo, sarà per la preparazione specifica fatta sull’agilità nel ritiro di Pinzolo, sarà per la maggiore conoscenza del calcio italiano, ma la Roma sembra avere trovato un centravanti da scudetto. I 7 gol in 8 partite di campionato, infatti, dichiarano come il bosniaco – non a caso capocannoniere – nell’ultimo periodo abbia trovato anche quella concretezza che spesso gli era mancata. Intendiamoci, tutto questo ancora non soddisfa Spalletti, che persino dopo la doppietta del San Paolo ha dichiarato come voglia «più veleno, più cattiveria» da Dzeko, ma i progressi paiono indiscutibili. E il vantaggio per la Roma non sarà di poco conto perché, se è vero che la squadra gioca meglio quando è aggredita – e perciò abbia tanti spazi per le ripartenze – , con la vena di un centravanti di ruolo anche le partite contro le formazioni più coperte da ora in poi potrebbero essere risolte da un professionista dei sedici metri, come nei momenti d’oro vissuti con Wolfsburg e City.

EFFETTO PANCHINA – La seconda notizia rassicurante viene dalla panchina. Da questo punto di vista hanno dato dei segnali di esistenza in vita più che interessanti. Alzi la mano infatti chi pensava che le assenze di Bruno Peres e Strootman – oltre a quelle «storiche» di Rüdiger, Mario Rui e Vermaelen – non penalizzassero i giallorossi. Invece l’«oggetto misterioso» Fazio è diventato centrale «di piede» nella difesa a tre, Emerson è stato rispolverato in un momento delicato e Paredes è parso essere diventato maturo per avere le responsabilità del centrocampo. Se pensiamo che persino a Gerson è stato permesso il lusso dell’esordio in campionato in una partita delicata, forse il futuro autorizza leopardiane «magnifiche sorti e progressive».

EFFETTO DIFESA – Non basta. Se la Roma guarda tutti dall’alto sul fronte dei gol segnati (19 contro i 17 della Juve), è la difesa a dover crescere, visto che le reti subite (10) la collocano a metà classifica e nulla più. Ma se nella tana del Napoli, rispolverando una difesa «a tre e mezzo» apprezzata già nella scorsa stagione, Szczesny ha dovuto compiere solo due parate vere, è segno che il lavoro settimanale su questo fronte comincia a pagare. Logico che la squadra di Spalletti sarà sempre a trazione anteriore, ma meglio coprirsi bene. Un esempio? Nel 1982-83 il duello tra Roma e Juve vide i giallorossi avere la difesa migliore (24 gol subiti a 26) e l’attacco peggiore (47 a 49) rispetto ai bianconeri, ma fu abbastanza per vedere fiorire il secondo scudetto. Domanda: si fa ancora in tempo a cambiare pelle?

(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini)



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