Tor di Valle o Olimpico, è sempre lo stadio della discordia. L’argomento «barriere e dintorni» resta molto caldo e ancora una volta si sfiora il cortocircuito istituzionale, stavolta tra Coni (proprietario dell’Olimpico) e Viminale (che in quell’impianto deve garantire la sicurezza).

SOLUZIONE IN ARRIVO – Va in scena un botta e risposta a distanza tra il presidente del Coni Giovanni Malagò e la responsabile dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Daniela Stradiotto. E non si capisce se sia l’uno a fare il passo più lungo della gamba o l’altra a tirare il freno a mano più del dovuto. Fatto sta che Malagò, a margine della presentazione dei test match dell’Italrugby, con una certa sicurezza sposta il dibattito molto avanti: «Mi risulta che siamo abbastanza vicini a trovare la soluzione. È parecchie settimane che se ne parla, mi auguro si trovi a breve. Non sono io a poterlo e doverlo dire, ma è un dato di fatto che, al di là dei pochi spettatori presenti allo stadio, non solo non c’è stato un incidente ma neppure un mezzo problema, dentro e fuori dall’impianto. E nella vita quando tu dimostri di essere serio, capace e perbene, meriti anche di avere fiducia».

MACCHE’ – Fiducia «ancora tutta da dimostrare», per la presidente dell’Osservatorio. «Con Roma e Lazio si sta facendo un percorso che va al di là del superamento delle barriere – racconta la Stradiotto –. Nessuno impone norme vessatorie, del resto le curve dell’Olimpico erano diventate delle zone franche, dove accadeva di tutto, anche lo spaccio. Quando ci sarà la prova dell’acquisito percorso di maturità sotto l’aspetto della legalità – assicura –, le barriere verranno abbassate». Precisando che «di fatto ci sarà sempre una divisione, perché le vie di fuga non potranno essere occupate e ognuno dovrà sedersi al posto assegnato».

E ALTROVE? – Ma ammette, la Stradiotto, che i problemi non sono solo a Roma. «Il modello da seguire è lo Stadium di Torino», mentre nel resto d’Italia «le norme per rendere gli impianti accoglienti e sicuri ci sono: spetta ai comuni e alle società adeguarsi. Non tutti lo fanno e in quei casi bisogna intervenire con misure di estremo rigore».

(Gazzetta dello Sport – A. Catapano)



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