Stadio della Roma

Il possibile dietrofront della giunta sull’operazione Tor di Valle, confermato ieri dalla fuga in avanti di Luigi Di Maio, rischia di trascinare il rimpasto nel pantano. Con la Raggi costretta a prendere le deleghe ad interim. Perché se è vero che l’avventura di Paolo Berdini in Campidoglio ha ormai le ore contate (oggi il vertice di maggioranza decisivo), va anche detto che finora tutti i papabili per la successione alla guida dell’Urbanistica contattati dalla sindaca si sono defilati. Perfino gli urbanisti di “area” M5S, spaventati dall’idea di poter avallare una possibile inversione a U sullo stadio da parte dei Cinquestelle, passati dal «No alla speculazione» sbandierato in campagna elettorale alla tentazione di promuovere il progetto, senza tagli sostanziali all’«Ecomostro» di uffici, alberghi e negozi che nascerebbe accanto all’impianto sportivo. Ecco perché lo spettro che aleggia sul dipartimento di via del Turismo è la controversa operazione immobiliare legata al nuovo stadio della Roma.

IL VOLTAFACCIA – Se vincesse la coerenza, come vorrebbero molti consiglieri grillini, il Comune non si muoverebbe dalla posizione di sempre. Chiedendo quindi ai privati di sforbiciare le cubature di due terzi, per non stravolgere i dettami del Pianoregolatore generale. La stessa richiesta arriva dal Tavolo Urbanistica del M5S, il forum degli attivisti, che nei giorni scorsi è tornato a pressare i propri “portavoce” in Aula Giulio Cesare affinché «non tradiscano» quanto detto sui banchi dell’opposizione a Marino. E cioè che il progetto Tor di Valle rappresenta «l’ennesima occasione per dare libero sfogo agli “appetiti” degli speculatori edilizi» e che quindi va fermato. Come scrisse il blog di Beppe Grillo nel 2014 e come proclamarono gli stessi Frongia e Raggi, da consiglieri di minoranza, quando sull’argomento presentarono addirittura un esposto alla magistratura parlando di «scelta scellerata». Di segno opposto le parole usate ieri da Luigi Di Maio, arrivato a dire davanti alle telecamere di Rai Tre che lo stadio «è un obiettivo» del Movimento e che addirittura «va fatto come abbiamo detto in campagna elettorale». Il segnale di una svolta «turbo–stadista», che poco piace alla base grillina, ma che ha già arruolato anche l’invettivista Cinquestelle, Alessandro Di Battista. Una mossa che serve a coprire i tanti «no» ricevuti per il post-Berdini e a spingere il Comune pentastellato a un clamoroso voltafaccia. Così si augurano i privati, che da questa operazione potrebbero guadagnare secondo alcune stime fino a 800 milioni di euro, compreso James Pallotta, che nelle ultime settimane ha schierato tutti i big giallorossi per alzare il pressing sul Campidoglio. Ma se da una parta, con il sì allo stadio, la giunta Raggi potrebbe sperare nel consenso facile di qualche tifoso, dall’altra dovrebbe vedersela con la reazione della base e degli “ortodossi”. Forse anche per questo diversi urbanisti vicini al M5S non hanno intenzione di accomodarsi nella sala delle Bandiere, a partire da Francesco Sanvitto. Non si è detto disponibile neanche Emanuele Montini, che già lavora nello staff dell’assessore Baldassarre e lo stesso ha fatto, ieri, l’architetto Paola Cannavò. Ma ormai la Raggi sembra intenzionata ad accelerare sul progetto stadio. Oggi i tecnici del Comune torneranno a riunirsi con i privati e domani è previsto un nuovo incontro «politico» tra i proponenti e i rappresentanti della giunta.

(Il Messaggero – L. De Cicco)



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