Nei primi giorni di ritiro a Pinzolo, Luciano Spalletti disse di Leo Paredes che aveva bisogno di velocizzare il pensiero e migliorare la scelta della giocata. Ovvero, di evitare passaggi banali ma capire immediatamente quale fosse quello migliore da fare e a chi; qualche settimana dopo, sempre Luciano Spalletti disse sempre di Leo Paredes che era più forte di Pjanic. Questo il virgolettato di Lucio all’epoca: «Noi abbiamo Strootman al posto di Pjanic, e Strootman è più forte di Pjanic; abbiamo Paredes al posto di Pjanic e Paredes è più forte di Pjanic. Noi siamo a posto». Tra le due tesi, una è necessariamente esagerata. Necessariamente perché in quel momento Leo aveva bisogno di essere caricato: la società aveva deciso di non cederlo anche perché le offerte arrivate non erano considerate degne.
MODELLO UNICO – La Roma oggi ha bisogno di un regista e l’unico in rosa è lui. Per prendere in mano la squadra ha bisogno di: 1) Giocare con continuità. 2) Velocizzare quel famoso pensiero pre giocata, decidere di mandar via la palla a un tocco e raramente a due o più di due. Esageriamo: tipo Totti, oppure Pjanic. Per adesso Leo ha avuto una grande occasione per mettersi in evidenza, ha fatto il titolare contro il Porto e non è andata bene, Spalletti è stato pure costretto a toglierlo per via dell’espulsione di De Rossi (che domani sarà squalificato), quella sera finito tra i difensori per lasciare spazio proprio all’argentino. Contro l’Udinese, sempre come titolare, ha fatto benino, ma non ha convinto del tutto. Tant’è che la Roma, il più delle volte, gioca senza un calciatore in regia, vedi Cagliari o Sampdoria. Paredes è rimasto a Roma sapendo che la stagione avrebbe potuto prendere una piega non proprio positiva, perché specie nelle prime giornate Spalletti ha scelto di affidarsi agli esperti. Durante la sosta Leo ha potuto lavorare e ascoltare le indicazioni del tecnico, che lo ha schierato e visto nell’amichevole contro il San Lorenzo. Una prestazione sotto ritmo, sempre molto ad andamento lento, ma con una giocata che ha fatto capire quanto questo ragazzo effettivamente sia dotato da un punto di vista tecnico: la palla verticale che manda in porta Iturbe non la sanno dare tanti. Lui sì.
VELOCITÀ DI PENSIERO – Spalletti vuole velocità, non possesso palla fine a se stesso: con Giampaolo, nell’Empoli, è andato bene anche perché lì praticava un calcio più orizzontale e palleggiato e meno verticale, tutte caratteristiche che fanno parte anche dell’idea tattica di Montella, un altro che avrebbe accolto volentieri Paredes al Milan. Ora tocca ancora a Leo, sul palcoscenico europeo nella prima in Europa League della Roma in trasferta contro il Viktoria Plzen. Sulle spalle ha 147 minuti giocati, cento in campionato e quarantasette distribuiti nelle due gare del preliminare dello scorso agosto. E’ cresciuto come trequartista nel mito di Riquelme e Zidane, oggi porta la “5” dei registi, ma il ruolo deve ancora impararlo del tutto. In Argentina era considerato un grande talento, ma discontinuo, alternando lampi di genio a momenti in cui tendeva a scomparire. In quel periodo il ct della Nazionale Under 20 Marcelo Trobbiani decise di non convocarlo per il Sudamericano di categoria definendolo “lagunero e irregular”, incompleto e discontinuo. Oggi prova a imporsi in una piazza importante, l’Europa è l’occasione giusta per convincere Spalletti a dargli una maglia con maggiore continuità. Velocità di pensiero e concretezza, il carattere, dicono, non gli manca. Stiamo a vedere.
(Il Messaggero – A. Angeloni)
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