Leandro è un ragazzo abituato a ragionare. Lo fa in campo, mettendo a dimora il maggior numero di palloni possibile (a Empoli ok il 90% dei passaggi) e lo fa nella vita, condotta a 22 anni con la maturità di un quarantenne. Una moglie, una figlia e un altro bebè in arrivo, vita mondana zero. Leandro è Paredes, El Mago come lo chiamavano al Boca Juniors. Squadra che lo ha lanciato a soli 17 anni nel derby contro l’Argentinos Juniors: un vero battesimo del fuoco. «Il prossimo crac si chiama Paredes», profetizzò Mino Raiola quattro anni fa. Ma il suo football non propone dribbling abbaglianti, colpi di tacco o da biliardo, alla Pjanic. Paredes porta la maglia numero 5, che a Trigoria è sacra essendo stata di Paulo Roberto Falcao ma che proprio per questo sta bene sulle sue spalle perché nel futebol quel numero indica il volante de salida (il centrale davanti alla difesa). Ma Leandro in patria giocava da enganche, che letteralmente significa “gancio”, sbrigativamente tradotto in trequartista. In realtà in Argentina è colui delegato a legare i reparti e dettare i ritmi di gioco. Un lavoro, questo mix tra volante ed enganche, che il ragazzo sta affinando e adattando al nostro calcio aiutato da De Rossi che, da subito, lo ha preso sotto la sua ala protettiva. Vanno limitate le pause ed esaltati il lancio e il tiro. Colpi che Paredes ha. Per vederglieli tirar fuori servono tempo e ambizione. Il tempo ce l’ha, l’ambizione vedremo.

(Leggo – R. Buffoni)



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