Luca Parnasi

NOTIZIE AS ROMA STADIO PARNASI – Luca Parnasi è tornato ieri sera nell’elegante superattico del palazzetto che l’architetto Clemente Busiri Vici aveva progettato per il gerarca Adelchi Serena, e che lui avrebbe ristrutturato sottraendo un milione di euro dalla società di famiglia. Era uscito ieri pomeriggio dal carcere di Rebibbia, grazie ad ad un provvedimento firmato dal gip Maria Paola Tomaselli che, però, continua a considerare «attenuato di poco» il pericolo che l’imprenditore – già accusato di associazione a delinquere e corruzione – possa compiere altri reati. Dopo 37 giorni di carcere e due interrogatori, la giudice ha valutato che in particolare il secondo colloquio con i pm, di dieci giorni fa, abbia attenuato la necessità di tenere l’imprenditore sotto stretta sorveglianza. A convincerla sarebbero state in particolare le ammissioni sull’ormai ex consulente ombra della sindaca Raggi, l’avvocato Luca Lanzalone.

L’AVVOCATO DEL COMUNE Tre settimane fa, dopo un lungo interrogatorio durato quasi due giorni, l’imprenditore accusato di aver costruito un’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e al traffico d’influenze per ottenere l’approvazione dei progetti per lo stadio di Tor di valle, aveva già chiesto di essere scarcerato. Ma il gip, nonostante il parere favorevole dei pm Paolo Ielo e Barbara Zuin, aveva detto no. Di qui la richiesta dei suoi avvocati, Emilio Ricci e Giorgio Tamburrini, di affrontare un nuovo interrogatorio, prima di presentare la nuova istanza. Stavolta, il 13 luglio scorso, il racconto di Parnasi è partito proprio dal ruolo di Lanzalone: ai pm ha spiegato quali fossero gli accordi con l’avvocato plenipotenziario del Comune, che sarebbe riuscito a far cambiare la rotta della giunta Raggi sul progetto Tor di Valle in cambio di una consulenza da 12mila euro, ma la promessa di almeno un secondo affare da 150mila euro. Tra i due, ha confermato Parnasi a verbale, si era costruito un rapporto particolarmente solido. Ma se a fine giugno si era limitato a dire che «lo consigliava agli imprenditori amici perché era bravo», in questa nuova versione dei fatti ha chiarito che alcune delle consulenze ricevute dall’avvocato servivano ad alimentare il rapporto tra loro. Per questo, in qualche caso, sarebbe riuscito ad ottenere incarichi, ovvero promesse perché l’indagine è arrivata prima, anche per lavori di fatto inesistenti. Un quadro più pesante che mette nei guai lo stesso Lanzalone (ai domiciliari) visto che lo stesso avvocato, davanti ai pm, si è difeso dicendo di non essersi «più occupato del dossier stadio»

Dunque, in questa nuova versione, Parnasi ha aggiunto chiarimenti anche su fatti «emersi nel corso dell’attività investigativa svolta». E avrebbe reso «dichiarazioni, seppure non del tutto esaustive, puntuali, circostanziate, dando verosimili giustificazioni delle affermazioni in apparente contrasto con le emergenze processuali».

IL RISCHIO A non essere cambiato in modo significativo è invece il pericolo che il presunto capo del sistema stadio possa commettere nuovi reati (uno dei tre elementi, assieme al pericolo di fuga, e appunto a quello di inquinamento probatorio, che i giudici valutano prima di scarcerare un indagato). «Il pericolo di recidiva deve ritenersi tutt’ora sussistente, stante la pervasività del sistema da cui Parnasi era il promotore e l’organizzatore, e l’ampiezza delle relazioni dal medesimo coltivate ad ogni livello dell’amministrazione e della politica». Le ultime dichiarazioni, più verosimili delle precedenti, hanno «attenuato, seppur di poco» il pericolo ed è dunque sufficiente che l’imprenditore resti in custodia cautelare a casa, sebbene con il divieto tassativo di uscire o di avere contatti «di qualsivoglia natura» con persone diverse dai familiari conviventi o dai suoi avvocati Emilio Ricci e Giorgio Tamburrini, che hanno presentato la richiesta.

LE PROSSIME ISTANZE Nei prossimi giorni potrebbero chiedere di andare agli arresti domiciliari anche i suoi collaboratori, Gianluca Talone e Giulio Mangosi. Lanzalone, invece, resta ancora agli arresti domiciliari.

(Il Messaggero – S. Menafra)



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