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Rassegna stampa

Pellegrini, il potere al centro

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AS ROMA NEWS DERBY LAZIO PELLEGRINI – Nei 14 volti della splendida scenografia della Sud del 2015 – Figli di Roma, capitani e bandiere… questo è il mio vanto che non potrai mai avere – quello di Pellegrini non c’era. All’epoca Lorenzo giocava ancora nel Sassuolo e si era affacciato da poco in serie A. Avendolo imparato a conoscere negli anni, chissà quanto darebbe in futuro per vedersi accostato in una nuova coreografia ai vari Totti, Di Bartolomei, De Rossi, Giannini, De Sisti, Losi, Rocca e Bernardini, scrive Il Messaggero.

Perché si può essere capitani in modo diverso: silenzioso come Agostino, immenso come Francesco, vigoroso alla Daniele, accorato alla Peppe. Ma non per questo meno legati ai colori, alla gente. Fateci caso: quando Lorenzo parla dei tifosi, utilizza il termine ‘noi’, quando si rivolge ai compagni preferisce squadra o ‘gruppo’. Non imita l’espressione ‘famiglia’ coniata da Mourinho, semplicemente perché – volenti o nolenti – ha sempre fatto di testa sua. Nel bene e nel male, Pellegrini ci mette sempre la faccia.

A volte anche esagerando, nascondendo problematiche fisiche, non ricordando episodi che tirati fuori ad arte (uno su tutti: pur di esserci nel derby di ritorno nell’ultimo anno di Fonseca, s’è giocato l’Europeo di una vita) potrebbero regalargli incolumità o quantomeno giustificazioni agli occhi dei tifosi. E invece, sotto questo punto di vista, è molto simile a Giannini. Amatissimo ma al quale non veniva perdonato nulla. Più o meno quello che accade costantemente con Lorenzo.

Al derby ha già lasciato il segno. Non ai livelli del “tacco di Dio” di Mancini ma andatevi a riguardare quello di Lorenzo nel 2018. Una magia, spalle alla porta, in una partita che non doveva essere sua. Di Francesco aveva scelto infatti Pastore. Poi il solito malanno muscolare, aveva fatto fuori El Flaco. E il bambino prodigio prelevato dall’Almas e arrivato in Serie A grazie a Garcia che lo fece esordire 19enne a Cesena, ha saputo cogliere l’attimo. Ieri ha tolto i 30 punti rimediati nella gara d’andata contro la Real Sociedad. Oggi gliene basterebbero tre. Quelli che servono alla Roma per superare la Lazio in classifica e tornare stabilmente tra le prime quattro.

Giocherà, perché Mourinho non sa proprio rinunciarci e come al solito sarà chiamato al doppio lavoro di trequartista e di supporto alla mediana. Soprattutto se Matic non dovesse farcela a giocare tutta la partita. Ieri il serbo si è allenato in gruppo ma nelle prove tattiche gli è stato preferito Wijnaldum. E un conto è giocare vicino a Nemanja, un altro con l’olandese, portato a sganciarsi con più frequenza. Sogna di vivere un derby come quello di ritorno della passata stagione. Tre a zero con il secondo sigillo personale contro la Lazio, disegnato su punizione con una parabola imprendibile. Era il 20 marzo. Oggi è il 19.

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