Si torna alla normalità, addirittura. Si prova, almeno. Il derby di Coppa Italia, l’andata della semifinale in programma il primo marzo, si giocherà di sera, alle 20.45: era nell’aria, lo ha ufficializzato ieri la Lega. Che così eviterà di pagare la penale prevista nel contratto con la Rai, in possesso dei diritti tv.
D’altronde l’Osservatorio aveva già dato parere favorevole e lo stesso Malagò si era espresso contro l’orario pomeridiano in un giorno lavorativo, penalizzante per i tifosi. Così si torna a giocare di sera, come non succedeva dall’8 aprile 2013, un lunedì: scoppiarono incidenti intorno allo stadio, sul Ponte Duca d’Aosta e a Ponte Milvio, allora il Prefetto (era Pecoraro, ora capo della Procura federale) disse basta. E i successivi 8 derby sono stati disputati alle 18 (due volte) e alle 15 (sei volte). Adesso si torna a dare fiducia alle due tifoserie, che si sentiranno sotto esame e in effetti lo saranno: il derby del primo marzo sarà fondamentale per la questione delle barriere in Curva. Se quella sera tutto filerà liscio, il percorso avviato per rimuoverle continuerà spedito, con l’obiettivo di eliminarle (o almeno abbassarle, come primo step) entro la fine di aprile: c’è la possibilità che il derby di campionato, in calendario il 30 di quel mese, si giochi appunto con le Curve “libere”. In caso di incidenti, invece, le barriere resteranno dove sono e addio normalità: sarebbe una sconfitta per tutti.
Per la prossima stracittadina previsti circa 40mila spettatori. Lunedì la Lazio, che gioca “in casa”, comunicherà quando saranno messi in vendita i biglietti e con quali modalità. Ma dovrebbero essere le stesse del campionato, con la Tevere riservata ai sostenitori biancocelesti in possesso della Tessera del tifoso o agli abbonati che sfrutteranno il diritto di prelazione. Ii giallorossi potranno acquistare tagliandi di Curva e Distinti Sud e di Tribuna Monte Mario lato Sud. L’obiettivo è evitare contatti tra tifosi in Tevere, in passato teatro di scene da Far West che con la normalità non hanno nulla a che fare.
(La Repubblica – G. Cardone)
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