Magari fosse una semplice partita di calcio. Finirebbe zero a zero. E invece, nei prossimi dieci giorni, bisognerà giocare anche i supplementari o addirittura calciare i rigori per vedere chi vincerà la contesa sul progetto del nuovo stadio della Roma. Un match in cui si mescolano tre variabili: la pressione dell’alta finanza per mandare in porto l’investimento privato più ricco in ballo nella Capitale (1,5 miliardi); la spinta incalzante dei tifosi; e la necessità di recuperare consenso da parte di Virginia Raggi dopo settimane caratterizzate solo dai suoi problemi giudiziari legati alle nomine.
In questa insolita partita le squadre in campo sono più di due. Da un lato del terreno di gioco c’è la giunta 5 Stelle che continua a mandare segnali di apertura (“sono stati fatti passi avanti nel percorso di revisione finale del progetto”), ma vuole una riduzione delle cubature rispetto al milione di metri cubi previsti. La Raggi non è pregiudiziale al progetto, così come il Movimento al livello nazionale, ma nella sua stessa squadra gioca anche il responsabile all’Urbanistica, Paolo Berdini. L’assessore è contrario al progetto attuale e preferirebbe realizzare lo stadio all’interno dei vincoli del piano regolatore: senza le tre torri e il centro commerciale previsti. Anche ieri, ascoltato in commissione parlamentare Periferie, ha tuonato: “Parnasi vuol fare insieme allo stadio qualcosa come 600 mila metri cubi regalati. Scusate, io sono a favore dello stadio della Roma ma contro questo gioco della roulette”. L’impianto da gioco, infatti, occupa solo il 18% del progetto.
Dall’altra parte scendono in campo l’As Roma e la società Eurnova del costruttore Luca Parnasi, per cui la realizzazione dello stadio di proprietà del club rappresenta la partita della vita. Difficile infatti che la proprietà americana del club, il magnate James Pallotta, continui ad investire senza la garanzia di realizzare l’impianto sportivo e il business park. Senza dimenticare l’interesse nell’operazione di colossi della finanza come Goldman Sachs e Rotschild, impegnati come advisor alla ricerca di finanziatori, e il possibile ingresso in futuro di Unicredit. Ieri, dopo settimane di stallo, c’è stato un nuovo vertice, dal quale è trapelato ottimismo da entrambe le parti ma non una soluzione conclusiva né un’intesa. Il direttore generale dell’As Roma Mauro Baldissoni ha aperto la porta: “Vogliamo fare lo stadio insieme al Comune, il prima possibile, loro sono al lavoro con noi”.
Domani si riunirà il tavolo di lavoro tra i tecnici capitolini e del club giallorosso per scendere nel dettaglio delle possibili limature dei volumi: si ragiona su un’ipotesi di diminuzione fino al 20%del costruito. Poi, la prossima settimana ci sarà un nuovo incontro tra la giunta comunale e la società giallorossa per cercare un accordo politico a partire dai risultati del tavolo tecnico. Il Comune ha schierato a sorpresa un consulente, l’avvocato genovese Luca Lanzalone, chiamato a monitorare se le soluzioni tecniche individuate possano essere giuridicamente sostenibili; il legale ha già aiutato la giunta 5 Stelle di Livorno nella vertenza sull’Aamps, la municipalizzata dei rifiuti. L’ultimo rigore sarà calciato il 3 marzo quando si riunirà la conferenza dei servizi per il parere finale sul progetto. Con un risultato negativo non è escluso che si possa passare nelle aule di tribunale con un ricorso del club.
(Il Fatto Quotidiano – A. Managò)
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