(La Repubblica – M. Pinci) «La tecnologia l’hanno introdotta pure in teatro, e pure lì i puristi all’inizio arricciavano il naso». A Gigi Proietti, uno che la televisione è abituato a vederla dall’altra parte della telecamera, la novità della moviola in campo non dispiace. Anzi. «Ci sono interessi tali intorno al calcio che un sostegno agli arbitri era necessario. Non è facile per loro stare dietro a un gioco sempre più veloce. Se usato bene, può essere molto utile. Certo, va tarato».
Maestro, in che modo?
«Be’, mi pare che a Roma qualcuno non l’abbia usato: e si poteva cambiare la storia di una partita. Funziona a Torino, a Milano, e su un episodio in cui attacca la Roma e in cui sono tutti molto perplessi non viene usato?».
Insomma, è una questione di tifo…
«Scherzi a parte, non voglio fare polemica, ci mancherebbe: io sono favorevole alle innovazioni e a questa in particolare. Vediamo almeno altre 7-8 partite. Se può fare bene all’obiettività, ben venga».
Secondo Buffon se ne abusa. E domenica si sono visti recuperi lunghissimi.
«Il recupero lungo poi può prestare a interpretazioni maliziose: bisognerebbe trovare un compromesso, per usarla un massimo di volte. Altrimenti va a scapito del minutaggio. In certi casi può essere utile, come nel tennis, dove a richiederlo sono i giocatori».
Qui invece se un giocatore la chiede lo ammoniscono.
«E chi lo sapeva? Io allora sarei stato ammonito sicuro».
Se invece lei fosse il regista del Var, come le userebbe le telecamere?
« Un regista il lavoro lo prepara prima: non è poi merito suo l’utilizzo delle immagini. Poi noi del cinema, del teatro, è meglio non metterci a fare ‘ste cose, siamo tutti tifosi, sai che macello? Teniamo fuori la componente artistica: in campo gli artisti sono i giocatori. Pure quando cambiano ruolo, come Totti »
E l’arbitro cosa deve imparare dalla tv?
«Questione abbastanza complessa. Spesso un episodio cambia a seconda dell’angolazione che viene presa. Però l’arbitro deve diventare critico nei confronti della ripresa televisiva: gli si richiede una capacità in più. E mi piacerebbero telecamere dedicate per riprese dall’alto: per vedere se la palla è uscita o se il fallo è dentro o fuori».
Secondo lei quanto impiegheremo ad abituarci?
«Va provata per almeno una stagione e sono sicuro che l’utilizzo si aggiusterà. Si troverà un equilibrio: adesso, è un po’ rozzo l’impiego della moviola. Anche perché se non si aggiusta può darsi che venga pure eliminata. Qualcosa lascia perplessi: guardando giocatori, arbitri, mi pare che lo siano anche loro a volte. Andando avanti, capiremo cos’è che ci perplime».
La tecnologia ha cambiato anche il teatro, ci diceva.
«Certo. Ad esempio si usano microfoni che una volta non si utilizzavano. A qualcuno non piace, ma consente di fare spettacoli in spazi molto ampi. Edilizia teatrale non c’è più stata, si recita in tende e senza microfoni sarebbe come recitare in un acquario: apri e chiudi la bocca».
Le telecamere sono entrate pure nei teatri. A lei piace la “prova” televisiva degli spettacoli?
«Poi il seme del teatro tradizionale è sempre l’emozione, quella che trasmette un bravo attore. E su quelle la tecnologia non può incidere granché. Come nel calcio: l’emozione la danno i grandi calciatori».
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