La corsa in procura per esorcizzare lo spettro della speculazione e lanciare l’allarme per una possibile esondazione del Tevere nell’area di Tor di Valle. Poi, conquistato il Campidoglio, qualcosa deve essere cambiato nel Movimento capitolino. Chi oggi si trova a trattare con la Roma per il nuovo stadio giallorosso soltanto due anni fa bocciava senza appello il progetto del club di James Pallotta e del costruttore Luca Parnasi.

La stroncatura grillina, firmata anche dall’allora consigliera d’opposizione Virginia Raggi, è netta. L’esposto inviato al sostituto procuratore Mario Dovinola il 3 dicembre 2014 racconta nel dettaglio la posizione dei pentastellati: «Il procedimento di approvazione dell’impianto sportivo è un’enorme speculazione immobiliare avente lo scopo fraudolento di assicurare enormi vantaggi economici a società private a scapito degli enti pubblici coinvolti e a discapito dei cittadini».

Letta oggi, la conclusione della denuncia presentata a piazzale Clodio spiega la scelta di affidare l’assessorato all’Urbanistica a Paolo Berdini, lo stesso che oggi vive da separato in casa gli ultimi giorni nella giunta Raggi. La vecchia posizione dei consiglieri M5S — a firmare il documento erano anche Daniele Frongia, Marcello De Vito ed Enrico Stefàno — trova infatti il naturale contrappunto nelle idee del “prof”.

Basta proseguire nella lettura per completare il gioco delle affinità: «Appaiono non sussistere i requisiti di pubblica utilità previsti dalla legge di riferimento», è l’accusa sintetizzata nell’esposto grillino. Ultimo faro sui terreni «a rischio alluvione» di Tor di Valle: «La scelta dell’area è scellerata, altro che quella ottimale. Da tale scelta scaturisce il piano economico miliardario e futuri costi, diretti e indiretti, per la collettività». Da quel «no» alla trattativa con i privati pronti ad «arricchirsi ingiustificatamente» sono passati soltanto due anni. E un’elezione.

(La Repubblica – L. D’Albergo)



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