I tifosi giallorossi si dovranno accontentare: sull’altare della trattativa tra Campidoglio e As Roma sullo stadio di Tor di Valle, all’ultima curva, saltano 7.500 posti a sedere. Saranno 52.500 anziché 60.000. Poca roba, soprattutto perché, l’arena disegnata dall’architetto Dan Mais non è certo il cuore di un progetto che l’ex assessore Paolo Berdini, due giorni fa, ha definito come «la più imponente speculazione immobiliare del momento in Europa».
Diciotto per cento: tanto pesa complessivamente il «nostro Colosseo moderno», come l’ha chiamato Francesco Totti, sceso in campo con tutto il suo peso per spingere un’opera che inizialmente valeva poco meno di un milione di metri cubi. Quello presentato ieri in un video proiettato nella sala delle Bandiere del Campidoglio (riservata di solito alle riunioni della giunta capitolina) vale tra il 20 e il 25% in meno: 650 mila metri cubi circa, più o meno il doppio di quanto prevede l’attuale piano regolatore, sventolato da Berdini e, un tempo, anche da Virginia Raggi.
«Perché ha cambiato idea?», è la domanda che si rincorre alla riunione del “tavolo urbanistica”, il “pensatoio” della base grillina che ieri ha deciso di ritrovarsi proprio mentre in Comune andava in scena la “trattativa” tra la squadra M5S, la Roma e il costruttore Luca Parnasi. Una «squallida trattativa» la definiscono la cinquantina di attivisti 5 Stelle riuniti in quella che fu la sede del comitato elettorale della sindaca per un incontro che evidenzia le contraddizioni di un Movimento dove, su un tema così caldo, la base è pronta addirittura a presentare esposti e denunce a Tar e Procura contro i suoi stessi rappresentanti. «La procedura è illegittima», ricorda Francesco Sanvitto, coordinatore del tavolo, che parla davanti a una cinquantina di persone: «Di solito alle nostre riunioni ci sono al massimo 10-15 partecipanti», sottolinea.
Difficilmente per evitare che la battaglia sullo stadio dentro al M5S finisca in tribunale basterà il compromesso “green” al quale è giunta la riunione in Campidoglio, guidata dal vicesindaco Luca Bergamo, l’uomo che in queste settimane ha più mediato con società e costruttori. Alla fine Bergamo (che con Berdini rappresentava la “sinistra indipendente” in giunta) è uscito da Palazzo Senatorio ringraziando la Roma «per aver risposto alle sollecitazioni dell’amministrazione capitolina».
Come? Abbassando le tre torri (originariamente alte 200 metri) disegnate dall’archistar Daniel Libeskind e tagliando del 20% il “business park”. Lì potrebbe sorgere anche il nuovo centro direzionale di UniCredit, la banca (creditrice della società di Parnasi) che guarda con grande attenzione al progetto (valore 1,7 miliardi) dello stadio a Tor di Valle. Intanto si discute della percentuale di verde fissata intorno al 55% nella riunione di ieri, puntando soprattutto sul parco fluviale e sulla bioedilizia.
Parallelamente, però, si gioca un’altra partita, quella che riguarda le opere pubbliche da realizzare e che vanno dai parcheggi al potenziamento del trasporto su ferro (dirottati sulla scalcinata Roma-Lido anziché sulla linea B della metro) e su un ponte. A finire sacrificato, invece, sarà probabilmente un sottopasso lungo la Magliana, ritenuto non indispensabile. Non un dettaglio, però. Perché ora bisognerà studiare lo strumento urbanistico per portare avanti il progetto. E la delibera di “pubblica utilità”, approvata dalla vecchia giunta Marino, prevedeva che nemmeno un’opera pubblica potesse essere cancellata dal progetto originario, pena l’obbligo di ripartire da zero con l’iter.
Di questo nodo si sta occupando l’avvocato Luca Lanzalone, arrivato a Roma una settimana fa da Genova per sbloccare dal punto di vista amministrativo la partita. Il legale (che ha già lavorato con i 5 Stelle a Livorno) rappresenta il Comune ai tavoli con la Roma. «Ma non c’è una delibera di incarico ed è stata scavalcata l’avvocatura del Campidoglio — si ribella la base per bocca di Sanvitto — è una cosa gravissima che si sia andati a cercare un personaggio così. Mi chiedo: chi fa queste scelte? Il Movimento non era per le regole e la moralità?».
(La Repubblica – M. Favale)
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