Stadio della Roma

Miracoli della manovrina. Passerà, forse, alla storia come sblocca-stadi. Ma di sicuro è già stata ribattezzata salva Tor di Valle. Il primo prodigio, se tale sarà, è quello di riunire sotto gli stessi auspici front altrimenti sempre contrapposti: dal Pd alla Raggi. La norma sugli stadi può valere infatti come uno spottone elettorale – e le elezioni nazionali non sono lontane – confezionato a favore dei democrat dal ministro Lotti che significa Renzi, e si sa quanto stadi e pallone siano temi di grande sensibilità popolare, e costituisce allo stesso tempo nei fatti un enorme sollievo per la giunta Raggi. Visto che renderà più facile l’iter del progetto Tor di Valle in quanto per variare il piano regolatore – così prescrive la norma – basterà la conferenza dei servizi. E per il recupero dei consensi perduti dalla sindaca, è naturale che giovi questo aiuto proveniente da un governo non amico, anzi acerrimo avversario del grillismo.

I PARADOSSI Il ministro dello Sport, Luca Lotti, cerca di smontare il caso e lo fa così: «La norma stadi? E’ una polemica assurda. Questa importante norma riguarda tutti gli impianti sportivi, dagli stadi di calcio ai palazzetti dello sport. Non vedo assolutamente alcun accostamento allo stadio della Roma». Sarà. Ma ciò che non si può non vedere è il doppio paradosso contenuto in questa storia. Il paradosso dei 5 stelle che avranno difficoltà – anche se non potranno fare altrimenti, per motivi di propaganda generale e di opposizione dura e pura al governo in carica – a bocciare nelle commissioni parlamentari Finanze e Bilancio questa norma favorevole alla Raggi. Lo faranno gridando, da ortodossi e lisciando il pelo alla base già in rivolta contro l’«ennesima colata di cemento» da stadio nelle città italiane. Ma sotto sotto, se la norma com’è probabile passerà, i grillini non potranno dispiacersi per l’aiuto che essa porta alla Raggi e alla sua strategia della risalita. L’altro paradosso è quello del Pd che, mentre fa un assist ai nemici 5 stelle sulla cima del Campidoglio, farà in modo di intestarsi lo sblocca-stadi nell’Italia del pallone, facendo passare questo messaggio: è il Pd, è il renzismo, è il governo voluto da Matteo e con dentro Lotti che consegna agli italiani nuovi impianti sportivi in nome del Dio Calcio che porta applausi e voti.

La novità tanto nuova comunque non appare. Già nel 2012, si tentò di inserire nella legge sugli stadi il criterio allora osteggiato con successo da parlamentari come Morassut, Ranucci, Della Seta e ora riproposto. Ossia quello di usare gli stadi come grimaldello per nuove ed eccessive cubature gravanti sulle città. Poi la legge del governo Letta, quella tuttora in vigore, ha tenuto fuori l’edilizia residenziale dalla procedura semplificata per costruire gli impianti sportivi. In modo da non alterare in maniera totale la concorrenza di mercato. Quel minimo di liberalismo che la legge del governo Letta contiene adesso viene cancellato dalla nuova norma – pro Roma ma anche pro Lazio ossia ben gradita a Lotito oltre che ad altri presidenti di squadre italiane – che fa rientrare anche l’edilizia residenziale nella procedura semplificata per gli stadi. Il che favorisce certi interessi particolari, e non generali, creando un vulnus nelle regole del mercato e nelle pari opportunità. Dunque, c’è un gioco di strategie politiche in questa vicenda. Ma si gioca soprattutto, il che è più grave, con i principi liberali.

(Il Messaggero – M. Ajello)



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