(Il Messaggero – A. Marani) «Ma che je ho fatto a quello straniero? Gli ho dato un calcio, che sarà mai». Alessio Manzo, 18 anni, fermato a notte fonda dalla polizia su via delle Botteghe Oscure dopo il pestaggio del lavapiatti bengalese a Campo de’ Fiori, non nega. Minimizza, come se dare calci a un immigrato non avesse valore. Dunque, ammette e viene portato in commissariato, dove un testimone lo riconosce e scatta l’arresto per il tentato omicidio. Con lui gli altri 4 amici, due coetanei, un diciannovenne e un diciassettenne, denunciati per rissa e percosse. Tifano Roma, vanno allo stadio. Quattro sono di Acilia, borgata tra Roma e il mare di Ostia, uno dell’Eur. Amici che si vedono al bar in piazza e poi escono in branco per la serata. Cappellini da baseball e bomberini, sabato sera si sono dati appuntamento per andare in centro, a bere nei locali a due passi da piazza Navona e dalla statua di Pasquino. L‘assalto al bengalese e all’amico cameriere egiziano, è stato l’epilogo di una notte brava passata tra alcol e sfottò. «Ma che avemo fatto?», ripetono davanti agli agenti, quasi annoiati. Non si rendono conto, forse annebbiati da birre e superalcolici. Manzo, che è un ragazzone grosso come una montagna, porta al collo la medaglietta della Roma, la sua squadra del cuore. La polizia lo ritiene un ultrà. Sul suo profilo Facebook le bandiere giallorosse, i cori, i video. Tra le info che lo riguardano scrive: «Lavoro presso As Roma», un sogno. Il diciottenne studia all’alberghiero di Tor Carbone, quartiere vicino all’ Eur, così come altri due dei denunciati.
GLI SPALTI E LA DESTRA – Quando due anni fa gli studenti protestano contro le cattive condizioni dell’ edificio, lui posta gli striscioni con il carattere fasciofont di Lotta Studentesca. Nel 2015 all’indomani della strage al Bataclan posta anche un’ immagine del Duce e di Hitler che si stringono la mano, sullo sfondo il tricolore francese. La Digos sta assumendo informazioni sugli eventuali legami tra il ragazzo e gli spalti della Curva Sud dell’ Olimpico, ormai occupati da gruppi vicini all’estrema destra. Come avviene, del resto, anche per la Nord dei laziali. Politica e tifo: un mix micidiale per ottenere consensi (e voti) e fare merchandising tra i giovanissimi. Solo una settimana fa, il raid in Sud dei supporter biancocelesti con gli adesivi di Anna Frank che indossa la maglia della Roma, aveva indignato l’Italia. E l’ altra notte, in piazza Cairoli, la matrice razzista fa ancora da sfondo al pestaggio del bengalese. Ma davanti ai poliziotti gli altri quattro picchiatori sono evasivi. «Che squadra tifiamo? Ma a noi il calcio mica ci interessa». Poi ecco, almeno per due, altre pagine Fb sugli ultras, Totti, l’Olimpico. Nel curriculum di Manzo figura una segnalazione al prefetto per uso personale di droga, uno spinello. Gli altri ragazzi sono puliti, neanche una macchia. Il papà del minorenne, un operaio, chiede notizie del bengalese, è preoccupato. «Proprio adesso che mio figlio aveva ripreso a studiare dopo avere abbandonato i libri alle medie – racconta sconfortato – stava facendo l’ apprendistato per imparare il mestiere di elettricista e venirmi ad aiutare al lavoro». La noia, il bar, lo stadio, la Roma: la passeggiata in centro dalla borgata finisce col pestaggio al «negro di m…», «ebreo».
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