Luciano Spalletti

(Gazzetta dello Sport – C. Zucchelli) Quello che avrebbe voluto sfidarlo in campo più di tutti, cioè Francesco Totti, si limiterà a fare il tifo dalla tribuna. Spettatore, come fu spettatore 8 mesi fa, quando Luciano Spalletti decise di non regalargli gli ultimi minuti a S. Siro preferendo inserire, a gara chiusa, Bruno Peres al posto di Salah. Di quella sera restano, oltre ai cori del Meazza che invocavano Totti, anche le facce sbigottite di molti compagni di Francesco, stupiti per quello che stava accadendo. Era l’immagine di come si fosse logorato il rapporto tra il tecnico e i calciatori: non tutti, ma gran parte sì, perché tanti, pur riconoscendo la bravura dello Spalletti tecnico, avevano avuto problemi con lo Spalletti uomo.

DA OPORTO A CROTONE – Alisson, ad esempio, aveva digerito poco la scelta di essere messo in panchina nel ritorno del preliminare di Champions. Il brasiliano sapeva che il titolare era Szczesny, ma visto che il polacco veniva da un infortunio all’Europeo e visto che l’andata l’aveva giocata lui, si aspettava di essere scelto. Niente da fare: era agosto, era la prima di una lunga serie di incomprensioni tra l’allenatore e il gruppo. Con El Shaarawy, che pure gli deve gran parte della sua rinascita, era amore e odio, con Nainggolan il feeling era più forte, con Perotti invece è finito presto ed è sfociato in una discussione accesa (eufemismo) di cui tutti a Crotone ancora si ricordano.

IL FURBO… – Così come tutti si ricordano le parole di Dzeko a Pescara, era fine aprile, quando prima di essere sostituito disse a Spalletti in diretta tv: «Fai ancora il furbo?». Luciano non rispose, negli spogliatoi fu faccia a faccia, ma Edin non arretrò di un centimetro e Spalletti pure. Compagni sbigottiti, silenzio irreale nonostante la larga vittoria. In campo, quella sera, c’era anche Manolas, un altro di quelli che con il tecnico toscano ha avuto più di qualche battibecco e un altro che, come Perotti e forse El Shaarawy, se fosse rimasto Spalletti avrebbe accettato la cessione.

IL BELLINO GERSON – Alla lista di coloro che sarebbero lontani anni luce da Roma non può non aggiungersi il brasiliano: titolare a sorpresa allo Stadium il 17 dicembre, sostituito, sparito dai radar, se Spalletti fosse ancora a Trigoria sarebbe in Europa o dall’altra parte del mondo. Di Francesco gli ha dato fiducia e, anche se nelle ultime settimane è di nuovo finito nelle retrovie, non è più solo quel ragazzino «bellino a vedersi» di un anno fa. Pagherebbe di tasca sua, Gerson, per tornare a giocare e segnare proprio domenica e chissà, se trovasse il gol, ci metterebbe davvero poco ad urlare a tutti la sua rivincita. Senza megafono, chiaramente: quello, al massimo, lo porteranno i 2mila romanisti al seguito della squadra.



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