Chissà se ha sentito quei cori («siete come la Juve») e magari gli è venuto da ridere, o magari da rispondere scocciato: «Aoh, juventino a chi?». Perché per Radja Nainggolan essere paragonato a uno juventino probabilmente è sta a metà fra l’offesa e il paradosso, e non lo nasconde. Dopo quel video circolato nelle scorse settimane, ha replicato fuori dall’albergo che ospitava la squadra a Milano, dicendo a un tifoso dell’Inter «Io la sciarpa te la firmo, basta che non sia della Juve».
In fondo Nainggolan ha un cuore tifoso e capirebbe ogni eccesso. L’eccesso è il suo mestiere, la sua sfida di ogni giorno. In campo fa chilometri, ma anche gol magnifici. Recuperi da pitbull, colpi da artista. Spalletti lo vedeva mediano, poi lo ha spostato nella nobile posizione di trequartista e Radja, per non farsi mancare nulla, fa questo e quello e magari anche dell’altro.
Sempre a muso duro, in ogni scontro, in ogni partita, Nainggolan è anche uomo gol e alla fine anche il nuovo allenatore della nazionale belga, Martinez, si è convinto. All’inizio lo aveva lasciato fuori squadra per qualche sigaretta, ma poi come Wilmots deve aver capito che un tale prodigio di talento e rabbia non si poteva sprecare. L’infanzia difficile gli ha lasciato addosso capacità di lottare e voglia di riscatto, il resto è tutto calcio di pura qualità, come il pallone scagliato a 99 chilometri orari dopo 58 metri di corsa che ha incenerito l’Inter e il suo sogno Champions. Radja invece continua a sognare di acchiappare la Juve. «Loro corrono, ma noi dobbiamo continuare a crederci. Stiamo dimostrando di meritare la posizione che occupiamo. Abbiamo giocato contro una grande squadra, a San Siro è difficile vincere ma i 3 punti sono meritati. Abbiamo leggermente staccato il Napoli, ma ora dobbiamo concentrarci sul derby di Coppa Italia». Radja vuole tutto, perché c’è stato un tempo in cui non aveva niente. E’ rimasto a Roma nonostante la corte del Chelsea e non si stancherà tanto facilmente di rincorrere la sua ossessione. «Questa Roma ha un grande gruppo, io sto bene, faccio gol, ma sono un giocatore e basta. Senza la squadra alle spalle non renderei in questo modo».
(Gazzetta dello Sport)
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