NOTIZIE STADIO AS ROMA RAGGIVirginia Raggi non saltella ancora insieme ai tifosi giallorossi che da settimane intonano il coro anti-pallottiano:Noi lo stadio non lo vogliamo”. “Ma potrebbe mancarci poco”, dicono in Campidoglio. Perché ieri, per la prima volta, la sindaca della Capitale ha ventilato la possibilità di mettere fine al controverso progetto calcistico-immobiliare che tanti affanni ha arrecato ai grillini (e non solo). L’avviso della sindaca: “Le chiacchiere sono finite. Iprivati devono rispettare i patti. Prima realizzino le opere pubbliche e poi il campo di calcio”. Concetto in realtà già messo nero su bianco nelle due delibere sul “pubblico interesse” votate prima nel 2014 e poi nel 2017, che però i proponenti, nei vertici con il Comune, hanno iniziato a mettere in dubbio. Chiedendo rimodulazioni e slittamenti degli impegni per la collettività.

Oggi è in programma un importante tavolo tecnico tra gli uffici del Campidoglio, la Roma e la Eurnova, l’impresa del costruttore Luca Parnasi travolta dall’inchiesta per mazzette e ora affidata a un nuovo Cda. “Il mio unico interesse – sono le parole di Raggi è che la As Roma mantenga gli impegni presi con la città: prima le opere pubbliche per i cittadini, poi il campo di calcio. Prima si uniscono la via del Mare e la via Ostiense, prima si interviene per potenziare la ferrovia Roma-Lido e poi si fa lo stadio. Sono le prescrizioni della conferenza dei servizi alla quale tutti si devono attenere. Mi auguro che domani la As Roma porti una proposta definitiva e concreta”. Raggi parla così perché sa che proprio su questi punti, in realtà, non c’è intesa. I proponenti all’ufficio Urbanistica del Comune avrebbero chiesto di dilazionare i 45 milioni da investire per la mobilità. Oppure di non accollarsi per intero il costo dell’abbattimento di alcuni edifici che dividono due strade già oggi iper-trafficate, l’Ostiense e la via del Mare appunto, e che neanche unite, secondo diversi esperti, sarebbero in grado di sopportare il peso del nuovo stadio. Figuriamoci separate. Sul “no” soffia poi da tempo una fronda sempre più nutrita di esponenti M5S, sia locali che nazionali.

(Il Messaggero – L. De Cicco)



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