Mentre si infittisce il giallo delle polizze e Virginia Raggi promette di denunciare il suo ex fedelissimo Salvatore Romeo, è il nodo stadio a tenere banco. Alla rivolta della maggioranza grillina che fiuta l’inganno di una giravolta sulla linea del no, dopo l’annuncio di un preaccordo su Tor di Valle, fa da contraltare una manifestazione pro sindaca indetta per oggi. Un sit-in dalle 16 alle 19 davanti al Campidoglio all’insegna dello slogan “Virginia non sei sola”. Un bagno di folla per rintuzzare gli attacchi e riaffermare la leadership fiaccata dall’inchiesta e dalle polemiche sul nuovo impianto sportivo.

Per gli ortodossi, quello della giunta Raggi è un vero voltafaccia al quale non intendono rassegnarsi e chiedono l’annullamento della delibera comunale che dà il via libera all’arena. Pur frenando, rispetto alle dichiarazioni del suo vice, Luca Bergamo che era apparso decisamente ottimista, la sindaca ha avallato l’operato dei delegati alla trattativa ma ora starebbe considerando una concessione al fronte dei duri.

Riepilogando: sul tappeto c’è il sì con il rischio di pedere pezzi, dall’altro il no con il concreto pericolo di esporre l’amministrazione e i singoli a una causa con conseguenti danni che la Roma ha già ventilato.

Per questo, al tavolo delle trattative con gli imprenditori, il Comune ha chiesto di rivedere le cubature, con conseguente riduzione del cemento. Un lavoro di lima che però mette a repentaglio l’intero pacchetto. A ogni opera che interessa i privati fa da bilanciamento infatti un lavoro pubblico nell’interesse della città. Meno cemento per i privati significa dunque meno opere. E questo metterebbe in pericolo l’efficacia della delibera che non prevedeva ulteriori margini di trattativa.

Per sfilarsi, il Comune dovrebbe percorrere la strada dell’annullamento della delibera che, stando al parere richiesto dai duri dell’M5S metterebbe al riparo da eventuali richieste di risarcimento danni. Prima di esplorare questa ipotesi la sindaca vorrebbe però il conforto dell’avvocatura capitolina. Ossia un bollo ufficiale che le consentirebbe di disdettare ogni dialogo sullo stadio e di dormire sonni tranquilli in caso di eventuale rivalsa della Roma.

Ora, se per i legali interpellati dal cosiddetto tavolo Urbanistica, l’organismo consultivo grillino sulla materia, la strada sempra assolutamente liscia, per l’avvocatura non sarebbe affatto così. E la questione potrebbe innescare un nuovo braccio di ferro tutt’altro che indolore tra la politica e la burocrazia capitolina. Ovviamente, se lo stadio saltasse, si arriverebbe al paradosso di conseguire il medesimo risultato ricercato dall’assessore Berdini, dimessosi un istante dopo l’annuncio del preaccordo con la Roma su cubature di gran lunga più elevate da quelle che lui stesso era disposto a tollerare.

Ma quella dell’annullamento, ammesso che si voglia gettare via tutto, rimane dunque l’unica strada percorribile. E non c’è parere che possa mettere al riparo dall’eventualità che sindaco e amministratori vengano chiamati a rispondere in prima persona del danno causato alle imprese impegnate nel progetto. Tuttavia la fibrillazione grillina è un terrmometro della posta in gioco e del banco di prova che attende Raggi e i suoi.

A conti fatti è un’ulteriore grana per i favorevoli allo stadio che allontana quantomeno il momento della stretta finale al tavolo della conferenza dei servizi del 3 marzo. Per Raggi un fine settimana giocato sulla caccia agli assessori per rimpolpare la giunta e scaricarsi dei dossier Urbanistica e Lavori pubblici e soprattutto trovare un escamotage per chiudere in un modo o nell’altro il capitolo stadio senza rischiare l’ennesima sconfessione.

(La Repubblica)



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