Rassegna stampa
Righetti e il 3-0 al Dundee: “Ci chiamarono bastardi, firmarono la loro condanna”

Per i romanisti più giovani la data del 25 aprile è associata alla sconfitta casalinga con la Sampdoria che nel 2010 fece svanire il sogno scudetto. Quelli con qualche anno in più, però, ricordano che nello stesso giorno, nel 1984, la Roma vinse 3-0 all’Olimpico, contro gli scozzesi del Dundee United, la semifinale di ritorno di Coppa dei Campioni dopo aver perso 2-0 all’andata. Ubaldo Righetti era tra quelli che fecero l’impresa.
Quanto ci credevate?
«Tanto. All’andata avevamo pagato la loro irruenza ma poi commisero un errore grave».
Quale?
«Sono stati arroganti. Il loro allenatore, McLean, ci chiamò “italiani bastardi” e questo ci diede una carica straordinaria».
C’è una famosa foto con Sebino Nela che, a fine partita, lo affronta mostrando il dito medio. Lei è dietro che sorride.
«Prima ancora di festeggiare tra di noi, andammo ad insultare lui. Era l’ultimo avversario da sconfiggere, gli altri li avevamo distrutti in campo».
Tecnicamente non ci fu storia.
«Mettemmo tecnica ma anche fisicità, ci furono tanti scontri, soprattutto a palla lontana. Fu una battaglia».
Quanto vi spinse il tifo?
«Tantissimo, l’atmosfera ci diede una carica impressionante. Gli scozzesi vennero sopraffatti dal boato, dell’Olimpico, lo capimmo dalle loro facce».
Poi ci fu Roma-Liverpool: che cosa andò storto?
«Pagammo la tensione, loro erano più abituati di noi a giocare partite simili. Passarono troppi giorni, 17, tra la fine del campionato e la finale. Andammo in ritiro in montagna, il tempo non passava mai. Non eravamo preparati, e accusammo il fatto che si giocasse a Roma».
In campo però la differenza non si vide.
«E ci mancavano anche Maldera e Ancelotti. Poi uscirono pure Pruzzo e Toninho Cerezo».
Anche Falcao non stava bene alla fine.
«Lo dico io, non aspetto nemmeno la domanda. Lo ha spiegato Paulo stesso: non ha calciato il rigore perché stava male. Qualcuno dice che doveva tirarlo lo stesso».
Anche perché Graziani non è che fosse uno specialista.
«Ammirai il coraggio di Ciccio. Doveva essere il primo a calciare, era quasi arrivato sul dischetto e poi fu richiamato. Per uno che non è un rigorista è un peso enorme. Non fu gestita benissimo».
Lei, giovanissimo, non si fece problemi.
«Io ero rigorista, lo avrei tirato ugualmente».
Ha superato la delusione?
«Non la supereremo mai, dobbiamo imparare a gestirla quando la ricordiamo. Cose del genere si superano solo rigiocando e noi non abbiamo mai avuto questa possibilità».
(Corriere della Sera)
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