Togliere ogni margine di interpretazione per evitare che altri episodi del genere possano mettere a rischio la regolarità del campionato. Alla fine la Roma è riuscita a spuntarla, segnando una vittoria su tutta la linea e riconsegnando a Kevin Strootman la possibilità di scendere in campo nelle prossime sfide contro Milan e Juventus. La Corte d’Appello Federale ha infatti accolto ieri il ricorso del club giallorosso, eliminando così le due giornate di squalifica al centrocampista olandese comminate in prima battuta dal giudice sportivo. Merito della linea difensiva presentata in mattinata dai legali e dal dg Baldissoni, che in prima persona ha esposto le tesi per cui, nel caso in questione, non potesse sussistere l’utilizzo della prova televisiva.

Lo stesso Strootman, presente all’interno degli uffici federali, ha spiegato nei dettagli l’episodio: il ragazzo ha ribadito che la caduta a terra è stata provocata solo dal timore di essere colpito nuovamente alle spalle dopo il gesto di Cataldi e di essersi alzato prontamente proprio per evitare ogni tipo di comportamento anti sportivo, tra cui la simulazione. Tuttavia il punto che ha ribaltato le carte in tavola e il giudizio finale, ha riguardato un altro elemento, basato sulla norma che pretende in ogni caso di simulazione l’obbligatorio “carattere dell’evidenza”. In pratica, ogni condotta simulatoria di un calciatore non deve essere in alcun modo determinata dal comportamento di un avversario. Esattamente l’opposto del caso Strootman-Cataldi, perché come da comunicato ufficiale, “Non può, invece, escludersi che sulla caduta a terra di Strootman abbia inciso la condotta di Cataldi consistita nella trattenuta della maglia del primo. Comportamento valutato dal Giudice Sportivo come uno dei presupposti incidenti che hanno portato l’arbitro ad adottare il provvedimento di espulsione del Cataldi”.

Quindi se il giocatore biancoceleste è stato espulso per aver tirato la maglia al romanista, questo non può essere giudicato per la simulazione, essendo impossibile inoltre stabilire l’intensità del gesto e la conseguente legge della causa/effetto. Il punto di forza della linea adottata dal club giallorosso è stato oggetto di complimenti anche del presidente Pallotta, che in serata ha ringraziato i dirigenti Baldissoni e Gandini per il lavoro svolto.

La chiusura della vicenda ha registrato poi l’ultimo botta e risposta generato tra l’ad della Juventus Marotta e il dg giallorosso, che in mattinata ha approfittato della presenza dei cronisti per rispondere alle stoccate arrivate da Torino: “Marotta ha detto delle cose giuste. Io sono un tifoso e sono orgoglioso di esserlo oltre al fatto che Gandini è una persona competente. Mi ha anche suggerito di conforntarmi con lui -ha continuato Baldissoni- e lo faccio tutti i giorni, tutto il giorno visto che lavoriamo insieme. Pensavamo che questo Marotta lo sapesse. Detto questo è evidente che se parlo io o Gandini è la Roma che parla, non c’è differenza, però Marotta, che è un grande dirigente, sa quanto è importante mantenere la certezza del diritto. Quindi immagino che sia d’accordo con noi”.

(Il Tempo – A. Serafini)



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