James Pallotta

Senza Sabatini non è più la stessa Roma. E’ un fatto, non un modo di dire: con l’uscita del direttore sportivo, tutte le poltrone della proprietà americana sono cambiate rispetto alla struttura iniziale. L’eccezione, tra campo panchina e scrivanie varie, è rappresentata dalle bandiere Totti e De Rossi dal terzo portiere Lobont. Il resto è una rivoluzione umana e tecnologica non accompagnata dalla «rivoluzione culturale» di cui proprio Sabatini ha riferito nel giorno dei saluti.

ANDIRIVIENI – Nel grafico a fianco trovate i dettagli del nostro confronto: a Trigoria fare e disfare scatoloni è quasi uno stile di vita. Oltre ai tre calciatori rimasti, che peraltro erano alla Roma già in epoca Sensi, è naturalmente ancora in sella Mauro Baldissoni, uno degli uomini-chiave della trattativa che ha portato la cordata di James Pallotta ad acquistare il club. Però all’epoca non era direttore generale ma solo consigliere d’amministrazione. Il leader all’epoca era Franco Baldini, di recente rientrato in veste di consulente fuori porta, dal suo osservatorio di Londra.

PIAZZA PULITA – C’era addirittura un altro presidente, nel 2011, il pittoresco Thomas DiBenedetto, che tra i quattro soci era il meno impegnato dal punto di vista finanziario. DiBenedetto volava da Boston in classe economica, si faceva fotografare mimando Braccio di Ferro davanti alla lupa capitolina, incontrava le istituzioni con una carica puramente rappresentativa. Del tutto diverso è il ruolo di Pallotta, che dopo un anno ha deciso di esporsi in prima persona e assumere la carica di presidente.

ALLONTANAMENTI – Nel frattempo erano già cambiati allenatore (Luis Enrique) con tutto il carrozzone di collaboratori venuti dalla Spagna, incluso il giovanissimo preparatore atletico Cabanellas, e l’ufficio comunicazione, nel quale si sono alternati negli anni diversi professionisti. Ma la vera rivoluzione era appena cominciata: con il passare dei mesi Pallotta ha modificato l’amministratore delegato, convocando dagli States Italo Zanzi al posto di Claudio Fenucci, ora al Bologna come il direttore commerciale di allora, Christoph Winterling. Zanzi ha poi lasciato la Roma così come un altro storico collaboratore di Pallotta, Mark Pannes, allontanato prima dalla società e poi anche dal business dello stadio. Oggi, o meglio da un mese, il numero due della Roma è Umberto Gandini, già dirigente del Milan.

NUMERI – Visto che i risultati in tanti settori non lo soddisfacevano, Pallotta ha messo mano anche allo staff medico e atletico, imponendo un sistema di lavoro di sua fiducia e non di emanazione dei vari allenatori, investendo sulle infrastrutture per migliorare il centro sportivo di Trigoria. Nel complesso sono saltati due amministratori delegati (tre se contiamo anche Pannes), due direttori commerciali, due direttori della comunicazione, due medici, quattro allenatori con i rispettivi assistenti. E nel via vai la Roma ha chiuso 164 affari di compravendita di giocatori, a una media di 32,8 all’anno, escluse le operazioni legate al settore giovanile (a proposito: qui Bruno Conti è stato sostituito da Massimo Tarantino come responsabile). L’ultimo reduce tra i calciatori acquistati da Sabatini nella prima estate romanista è andato via l’estate scorsa: era Pjanic, passato alla Juve.

CONFRONTO – Cambiando tanto però la Roma non ha vinto. In questo senso il paragone con la Juventus, sempre campione d’Italia nel quinquennio, aiuta a capire: dal 2011 il blocco della società è sempre quello, da Agnelli a Marotta passando per l’a.d. Mazzia e il ds Paratici, e addirittura 6 giocatori importanti sono rimasti dov’erano: Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Marchisio e Lichtsteiner. Padoin e Caceres invece hanno mollato a luglio. Quando si dice il blocco Juve.

(Corriere dello Sport – R. Maida)



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