NOTIZIE AS REAL MADRID-ROMA – Dalla prima volta Totti ha cambiato ruolo, e magari nel pranzo di oggi con Florentino Perez ne parleranno sorridendone, come vecchi amici. Non sarà la prima occasione, perché da quell’11 settembre del 2001 in cui il mondo piangeva e la Uefa faceva finta di nulla, le loro squadre continuano a incontrarsi a cadenza regolarissima. Italia-Spagna, da 18 anni, non è Juventus-Real e nemmeno Barcellona-Milan. Ma Real Madrid-Roma. Chi l’avrebbe detto?
Dal 2001, da quando Capello accompagnò per mano la capitale pigra nella coppa che non aveva giocato mai ( nel 1984, quando arrivò in finale contro il Liverpool, si chiamava ancora Coppa dei Campioni) i confronti tra il Madrid e la Roma sono tanti quanti quelli dei Campioni d’Europa contro il Bayern, roba che mette sul piatto qualcosa come 15 Champions. E solo Chelsea e Barcellona si sono incontrate più spesso, tra le grandi d’Europa: il segno di una geografia liquida.
Nel XXI secolo nessuna italiana si è scontrata così spesso con un avversario: stasera il Bernabeu ospiterà l’11° confronto, tanti quanti quelli tra i blancos e la Juventus. Ma il 27 novembre, all’Olimpico, il sorpasso inevitabile di una sfida diventata ormai una classica a sorpresa, di quelle che non ti aspetti e in cui la Roma è anche uscita vincente. E che certo non ne ha i “gradi”: se il Real festeggia gli 843 giorni consecutivi da Campione d’Europa, la Roma aggiorna il conto di quelli senza un trofeo a 3770.
Ciò nonostante per Lopetegui, capofila del movimento spagnolo, quello capace di assicurarsi 22 degli ultimi 30 titoli europei, «la Roma è più forte e più ambiziosa dello scorso anno ». Anche senza scudetti, senza finali e senza coppe, il club di Trigoria ha iniziato a ritagliarsi una dimensione meno legata al GRA. Certo, difficile dirlo oggi: è solo la prima di una Champions che la Roma ha salutato in semifinale e col rimpianto di aver perso un’occasione, più che con l’orgoglio di aver fatto qualcosa di unico.
«Lo è stato, e sarà dura ripetersi, ma quello che cerchiamo non è l’ordinario, quanto lo straordinario» , è il mantra che decide di recitare Di Francesco. Ora alle corde per critiche che ne inchiodano le responsabilità di fronte alla partenza senza gioie o quasi: l’unica vittoria della nuova stagione compie oggi un mese, in mezzo due mezze figuracce in casa e il ko di Milano. Colpa soprattutto di una preoccupante inclinazione a esporsi: Olsen è dovuto intervenire quanto i colleghi di Frosinone e Parma, due neopromosse.
E ogni tre tiri e mezzo prende gol: così è se gli avversari si chiamano Cutrone, Rigoni, Stepinski, figurarsi l’armata Real. Che senza Ronaldo è cambiato, basta leggere i numeri di Benzema: cinque gol in tutta la scorsa Liga, altrettanti in questa stagione, come gli avessero tolto un tappo. La Roma deve trovare il modo di rimetterglielo: « È su questo che stiamo parlando con i ragazzi, dobbiamo ritrovare qualità difensiva » dice Di Francesco. Che rimetterà De Rossi e Nzonzi e minaccia una tribuna punitiva ( Pellegrini? Kluivert?). Forse sa che serve una scossa: se la Roma è un paziente in difficoltà cui spesso manca il fiato (13 squadre, in Italia, hanno corso di più), un risultato a Madrid, oggi, potrebbe avere l’effetto di defibrillarlo.
(La Repubblica – M. Pinci)
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