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Rassegna stampa

Roma, addio alla Nike mai amata da Pallotta: servono più soldi e non soltanto l’immagine

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NOTIZIE AS ROMA NIKE – A suo modo è un simbolo della Roma che doveva essere e non è stata. Il club di Trigoria ha ufficializzato ieri la risoluzione del contratto con la Nike, sponsor tecnico dei giallorossi, che era stato firmato nel 2014 e doveva avere durata decennale.

Il brand del «baffo» continuerà a fornire il materiale tecnico alla prima squadra, alla squadra femminile e al settore giovanile anche per la prossima stagione, poi le strade si separeranno definitivamente. La divisa ispirata al «ghiacciolo» della stagione 1979-1980 sarà l’ultima.

È la fine di un’unione che è stata più di immagine che di sostanza, un fiore all’occhiello che James Pallotta voleva mettersi all’occhiello. Il presidente voleva entrare, anche attraverso la maglia, nell’elite del calcio che conta. Per questo non ha avuto indecisioni a rompere il precedente contratto con la Robe di Kappa, finito poi in mano ai legali, anche se garantiva un introito superiore.

Quello con la Nike garantiva infatti un compenso fisso annuale di 4 milioni (che da questa stagione era salito a 4,1 milioni) più bonus, oltre a circa un milione ulteriore di ricavi per quanto riguarda la fornitura di prodotti. Il bilancio del club, in questi anni, è andato peggiorando: il prossimo chiuderà con un rosso a tre cifre. Serve così – e sarà il compito di Francesco Calvo – un deal più ricco per dare una mano ai conti. Nelle settimane scorse è uscito il nome della Under Armour, bostoniana come Pallotta e come la dirigenza del Liverpool.

Il disamore del presidente verso la Nike è arrivato abbastanza presto, visto che la Roma non era trattata come una squadra di punta: «Non sono assolutamente soddisfatto del nostro accordo», ha dichiarato tre anni fa. Nel contratto era inserita anche una percentuale variabile (tra il 7,5% e il 12% in funzione dell’effettivo fatturato netto) sulle vendite effettuate nel corso di ciascun anno di contratto, oltre al 50% dei proventi netti di qualunque prodotto commercializzato con nomi, loghi, marchi o diritti di immagine collettiva della squadra di proprietà o nella disponibilità della Roma.

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In più, bonus al raggiungimento degli obiettivi sportivi raggiunti, con un malus specifico in caso di mancato ingresso in Champions League, che i giallorossi potrebbero mancare per il secondo anno di fila (facendo scattare una clausola a favore della Nike per interrompere il rapporto o ridurre il compenso). Sempre a favore del brand tecnico, la possibilità di uscire in caso di cambio di controllo del club.

La Roma, si sa, è in vendita. Ci sono state indiscrezioni sull’ interesse di un fondo sovrano del Kuwait, smentito sia da Pallotta che dall’uomo d’affari Fahad Al Baker: «La notizia che l’offerta fatta per la Roma è stata accettata non è vera. Questo mi ha messo in una posizione imbarazzante. Ho chiesto a tutte le persone di essere precise su ciò che riportano su di me, perché non sopporterò false informazioni diffuse sui media o sui social. Ho presentato un interesse per un club italiano ma, secondo le regole, non sono autorizzato a fare nomi finché non abbiamo concluso l’affare». Alla fine, l’unico che era arrivato davvero vicino all’acquisto e che, insieme all’immobiliarista Vitek, potrebbe tornare di moda è sempre Dan Friedkin.

(Corriere della Sera)

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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