(Il Messaggero – U. Trani) Il fenomeno resterà pure inspiegabile, a prescindere dalla volontà di approfondire, ma è chiaro che il raccolto e il rendimento all’Olimpico rischiano di far uscire la Roma dalla corsa Champions. Ora, senza avere più certezze quando gioca in casa, è chiamata a invertire la rotta per evitare il naufragio. Il dato più significativo, a 7 turni dal traguardo, è nel paragone con l’anno scorso: 11 punti (60/71) e soprattutto 19 reti (50/69) in meno. La Lazio, con il miglior attacco del torneo, ne ha segnati 75 (23 in più del 2017).
VELOCITÀ RIDOTTA – La Roma è l’unica delle prime 5 in classifica ad andare più piano di un anno fa: la Juve ha 4 punti in più, il Napoli addirittura 10 e l’Inter comunque 4. Solo la Lazio va allo stesso ritmo. L’andamento lento dei giallorossi di- pende dai gol realizzati. In casa ne mancano già 17 (25/42). Numero che non fa altro che confermare come all’Olimpico la mira non sia nemmeno sufficiente. Basterebbe l’addio di Salah, il 2° miglior marcatore della. stagione scorsa, a spiegare il saldo negativo, anche perché il sostituto (titolare) non è mai arrivato a Trigoria.
GRUPPO LIMITATO – Ma sarebbe sbagliato, al tempo stesso, giustificare la poca continuità in campionato con la partenza di Salah. Più del singolo è la rosa, in questo caso, a fare la differenza. E’ meno competitiva, e qualcuno se n’è accorto solo dopo 41 match, di quella dell’anno scorso. Gli infortuni fanno parte del gioco, gli investimenti sbagliati no. Soprattutto per il giallorosso che, per rispettare i paletti del Fair Play Finanziario, dà la priorità alla partecipazione alla Champions. Probabilmente, con 4 posti a disposizione, gli interventi sul mercato sono stati meno invasivi. Solo a fine stagione sapremo quanto l’input di Pallotta (stamattina sbarca a Ciampino) sia stato mirato all’obiettivo. I ricambi, ora è evidente, non sono all’altezza per contrastare la Juve nella lotta per lo scudetto, oggi lontana 21 punti e nel campionato scorso solo 6. L’esempio è il Napoli che, senza più le coppe, ha faticato ieri pomeriggio a battere il Chievo, sfruttando però le reti dei panchinari Milik e Diawara per la rimonta vincente. Di Francesco non trova la stessa qualità nei rinforzi. Che tali non sono. Semplicemente, sopravvalutati.
REAZIONE SCIATTA – La qualità è mancata proprio nelle gare da vincere in casa. Il confronto con l’anno scorso è allarmante: 14 punti in meno (28/42), con 9 vittorie, 1 pareggio e 6 ko in 16 match (con Spalletti, in 15, striscia di 14 successi e 1 sconfitta). Se contassero solo le partire casalinghe, la Roma sarebbe al 5° posto e non al 3°, dietro anche alla Sampdoria e davanti alla Lazio (in 15 match, però). I giallorossi sono ancora sul podio solo perché in trasferta hanno preso più punti che nella Capitale: 32 (e 1 partita in meno), Se, all’Olimpico, vanno sotto, non riescono tra l’altro a recuperare: sono 7 le gare in cui si sono trovati in svantaggio nel risultato e 6 sono state le sconfitte. Nessun pari e solo 1 successo, contro il Benevento ultimo. Il cortocircuito, quindi, è evidente nel momento in cui bisogna preparare la rimonta. E mai la Roma, quando ha dovuto cercare il ribaltone, si è comportata da grande, facendosi spesso prendere dalla frenesia e dalla precipitazione. E, senza saper gestire la situazione, ha perso la lucidità davanti alla porta avversaria. Non è un caso che non sia riuscita a segnare in 4 dei 6 ko interni: prima di far cilecca sabato contro la Fiorentina, si era inceppata anche contro il Napoli, la Sampdoria e il Milan. Gli errori individuali, però, appartengono ad ogni reparto. Davanti la garanzia è Dzeko. Dall’inizio di febbraio anche Under. Non bastano. A centrocampo manca il regista per il 4-3-3: De Rossi e Gonalons non hanno il dinamismo e la rapidità di chi deve comandare il pressing e verticalizzare l’azione. Dietro la linea è incompleta, in particolare sui lati. Di specialista c’è solo Kolarov, gli altri si adattano. Non sempre come dovrebbero.
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