Josè Mourinho

AS ROMA NEWS CHAMPIONS LEAGUE – Il compito più difficile: correre, guardandosi alle spalle. La Roma è nel pieno della volata Champions, non le accadeva – a questo punto della stagione – dai tempi di Di Francesco e con Spalletti, addirittura, il 21 gennaio del 2017, alla ventunesima giornata, dopo aver battuto il Cagliari, era salita a 47 punti, a meno quattro dalla Juve prima, scrive Il Messaggero

Oggi i punti sono 40 ed è terza, alle spalle del Napoli, che gioca da solo, e l’Inter, non irresistibile e già sconfitta all’andata, a quota 43. Le spalle, dicevamo. Da lì arrivano i pericoli, perché la lotta per le prime quattro posizioni coinvolge anche Lazio, Atalanta e Milan e nessuna va esclusa, tre squadre che però in questo momento vivono momenti di difficoltà tecnica e fisica, per non parlare dei rossoneri in totale crisi d’identità e risultati. Questo, insomma, è il momento per osare una spinta verso l’alto. Ma si sa, il percorso è a ostacoli e ci sono delle criticità che Mourinho non smette di sottolineare. Come ad esempio la rosa non troppo grande. Un problema, sì, a seconda di come lo si vuole vedere. 

I giocatori – almeno nei numeri – ci sono, il problema è quanto Mou li consideri e li utilizzi da qui in avanti. Fino ad oggi li ha sempre impiegati col contagocce, chi più e chi meno. Solbakken è uno degli invisibili eccellenti, Camara lo è diventato da un bel po’, per non parlare di Karsdorp, che è passato dallo status di titolare a quello di disperso, tenuto ormai ai margini da prima di Natale. Ultimamente si vede poco anche Belotti, per non parlare di Spiazzola che si è infortunato di nuovo. Giocare sempre con gli stessi, lo dice proprio il tecnico, è rischioso. 

Di positivo c’è il rientro imminente di Gini Wijnaldum («mi sento bene, sono pronto a tornare»), che doveva essere l’uomo in più ma per via del grave infortunio subito in agosto, non lo abbiamo mai visto. Quindi: se certi calciatori, diciamo riserve, verranno stimolati, impiegati, coinvolti, potranno essere utili alla causa, altrimenti resteranno fantasmi e la Roma andrà avanti con il solito problema. Collegato a questo aspetto, c’è l’arrivo della stagione delle Coppe. Giocare ogni tre giorni, con una rosa bloccata su dodici/tredici giocatori, non è/sarà conveniente, e soprattutto sarà pericoloso. Il 16 febbraio e il 23 ci sarà il doppio confronto con il Salisburgo, vedremo come e se Mourinho gestirà i suoi calciatori in vista dello sprint Champions. Di certo non basteranno i giovani della Primavera.

Dalla parte della Roma ci sono almeno i talenti, che vanno preservati: c’è chi ha bisogno di riposare di più (Dybala, Smalling, Cristante), e chi – specie in questo momento – ha bisogno di giocare (ad esempio Pellegrini o lo stesso Belotti), per rigenerarsi indisponibili e psicologicamente. Mou ha bisogno di mantenere intatta l’ossatura della squadra: dare spazio ai bambini di sicuro è un bel segnale per la società (per un «mercatino» che non ha soddisfatto lo Special), ma un rischio per la squadra – vedi eliminazione prematura e inaspettata dalla Coppa Italia, obiettivo davvero alla portata della Roma – e per il suo attuale obiettivo primario. 

Un altro aspetto positivo in questo mese è il calendario, che sulla carta sorride a Mourinho. Fino al derby del 19 marzo, la Roma dovrà vedersela con il Lecce al Via del Mare, con il Verona all’Olimpico, poi andrà a Cremona, quindi in casa con Juve e Sassuolo. L’Atalanta ci dovrà dire chi è dopo gli scontri diretti con Lazio e Milan, e in più giocherà contro il Napoli al Maradona. Qualche punto, dalle altre inseguitrici, verrà lasciato. Quindi si può fare, no?



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