AS ROMA NEWS INFORTUNI RIDOTTI – In questi anni, a un certo punto si è cominciato a scomodare il soprannaturale. Qualcuno aveva lanciato una maledizione su Trigoria? O forse era stato perché la cappellina voluta dalla famiglia Sensi non era più attiva? Si è sentito anche questo. D’altronde, il passo fra ragione e superstizione, a volte, può essere più breve di quello che si creda, scrive La Gazzetta dello Sport.
Comunque una cosa sembrava certa: alla luce della pioggia di infortuni (sopratutto muscolari, ma non solo) che funestava la Roma, bisognava correre ai ripari. In particolar modo da Rudi Garcia in poi, ogni allenatore e le sue metodologie, ma l’esito sembrava essere sempre lo stesso: una sorta di “spoon river” di problemi fisici che impedivano agli allenatori di avere la rosa a disposizione nei momenti topici della stagione.
Negli ultimi due anni, neppure Paulo Fonseca aveva fatto segnare una discontinuità rispetto ai suoi predecessori in giallorosso. Adesso invece, sia pure in un’annata ancora non brillante dal punto di vista dei risultati sul campo, la svolta sembra arrivata. A questo punto del percorso, infatti, gli infortuni muscolari sono passati dai 36 del 2020-21 ai soli 11 attuali.
L’abbattimento, insomma, è stato nell’ordine del 70 per cento. Non basta. Ci sono altri due parametri importanti da prendere in considerazione, che la Uefa utilizza proprio per monitorare questo aspetto del lavoro del calciatore: l’ “injury incidence” (numero di infortuni per 1.000 ore di attività) e l’“injury burden” (numero giorni di infortunio per 1.000 ore di attività). Ebbene, anche questi parametri si sono abbassati sensibilmente.
Tutto questo è stato frutto di un miracolo? Niente affatto. Ci sono diversi fattori che hanno contribuito al cambiamento. In questo senso, la sinergia portata avanti dal lavoro del general manager Tiago Pinto e dallo staff di José Mourinho è stato fondamentale. I “segreti” possono essere almeno due: l’abbassamento dell’età media della rosa e la cura diversa dei campi di allenamento a Trigoria (più ore di lavoro, più strumenti, più interventi).
Poi, però, a fare la differenza è il contatto quotidiano fra il reparto medico e quello che potremmo chiamare “performance”. Ci sono dei report costanti ogni giorno, condivisi a tutti i livelli e si è costruito un rapporto di totale fiducia (che non è mai così scontato) tra staff medico e tecnico, sotto la direzione sportiva di Pinto. Poi, naturalmente, c’è anche il valore aggiunto che ha portato Mourinho. L’allenatore portoghese e il suo staff rappresentano il top e innalzano anche la qualità delle persone che ruotano attorno al processo, facendo di conseguenza lievitare il rendimento di tutto il gruppo.
E in effetti sono tanti i giocatori che, magari dopo un purgatorio iniziale, stanno trovando una continuità d’impiego e quindi di prestazioni ad alto livello. Rispetto alla scorsa stagione, ad esempio, Chris Smalling sembra aver ritrovato una sorta de seconda gioventù, diventando il leader del reparto difensivo. Non è un caso, in fondo, che con lui in campo la retroguardia abbia ritrovato quella solidità che a lungo era mancata.
La sensazione poi è che, dopo i primi mesi di assestamento, le cose comincino a funzionare sempre meglio, dopo che si è creato una sorta di circolo virtuoso di cui tutti beneficiano. Morale: ottime notizie per Mourinho. Adesso che la stagione si avvia allo sprint per recitare i suoi verdetti, avere virtualmente tutta la rosa a disposizione è quello che consentirà di gestire il turnover nel migliore dei modi. Una cosa è certa: la Roma non si accontenta più.
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