(Il Messaggero – U. Trani) Vittoria sporca, ma comunque bella. Di Francesco l’ha pensata così, da sabato. E la Roma lo ha accontentato, battendo il Torino con l’unico vero tiro in porta: 1 a 0. Kolarov ha arrotato il sinistro e ha fatto centro. Come a Bergamo, lo scorso 20 agosto, all’inizio di questo torneo. Due mesi dopo, ha scelto la suspence, aspettando la ripresa. Contro l’Atalanta segnò nel primo tempo. Sempre, però, su calcio da fermo. In serie A, finora, solo lui ha concesso il bis su punizione diretta. Per i giallorossi valgono 6 punti dei 18 che hanno in classifica. Tiro mancino, doppio e pesantissimo, dunque.
PRIMATO EGUAGLIATO In campionato, almeno quando va in trasferta, la Roma sa solo vincere. Sono 4 i successi esterni in 4 viaggi. E diventano 11, se si contano anche i 7 del torneo passato: è record, come quello dell’Inter di Mancini nella stagione 2006-2007. A Firenze, il 5 novembre, c’è la possibilità di migliorarlo. Di Francesco, per ora, si accontenta. Anche perché fuori casa, in campionato, casa, i giallorossi non hanno ancora mai preso gol e la difesa, insieme con quelle del Napoli e dell’Inter, è la migliore della serie A, con 5 reti subite. E resiste pure nel pomeriggio in cui mancano i due centrale titolari, Manolas e Fazio, e lì in mezzo giocano i mancini Jesus e Moreno. Che, comportandosi dignitosamente, confermano l’organizzazione della squadra. Come a Bergamo, Alisson non trova lavoro nemmeno a Torino.
SOLITA CINQUINA Di Francesco, mostrandosi coerente, non cambia il metodo per prevenire le fatiche scontate degli impegni ravvicinati. E, anche contro il Torino, ripete quanto fece a settembre subito dopo la prima gara di Champions contro l’Atletico, cambiando 5 giocatori nelle successive 4 partite contro il Verona, il Benevento, l’Udinese e il Qarabag (abbassò il numero a 4 per il match di fine ciclo a San Siro contro il Milan). Ecco che entrano, dopo la prestazione di sostanza a Londra, ancora in 5: Florenzi, Moreno, De Rossi, Pellegrini ed El Shaarawy. E 4 dei 5 esclusi sono in panchina: Peres, Gonalons, Perotti e Gerson. Solo Fazio, distorsione alla caviglia, resta a casa. Il turnover, insomma, fa ormai parte della vita quotidiana del gruppo. Coinvolge i calciatori e distribuisce gli sforzi. Nessuno può essere scontento e soprattutto stanco, anche se Kolarov e Dzeko, con Alisson, sono sempre partititi dall’inizio in queste 11 partite (8 di campionato e 3 di coppa). A rischio, per dirla tutta, c’è però l’identità della Roma. Perché l’allenatore, quando propone 5 innesti, interviene su mezza squadra. E, analizzando il primo tempo, è evidente che la nuova rivoluzione non garantisca la solita efficacia. Nessuna conclusione verso Sirigu fino all’intervallo e l’unica chance è per Strootman, tra l’altro su corner di Kolarov e quindi su palla inattiva: conclusione a lato, a porta vuota. Ma più che gli interpreti diversi, è la mancanza di ritmo a incidere sulla prova dei giallorossi. La strada, comunque, porta al futuro. La novità del pomeriggio è Moreno, al debutto da titolare. Il sistema di gioco, pur restando il 4-3-3, è simile quello presentato mercoledì scorso contro il Chelsea: a destra, a Londrà, giocò Gerson e qui invece comincia Nainggolan. Che, però, si accentra spesso in quella che poi, sarà la posizione di Schick. Su quel lato, Nainggolan spesso si accentra: per liberare la corsia a Florenzi o per andare al tiro. Quello che dovrà fare Schick. Nella ripresa il ritmo è più alto e Nainggolan un altro. Strootman ignora El Shaarawy e fa arrabbiare Dzeko, in campo per sua scelta dopo la notte in bianco. Quando entra Under per Pellegrini e Nainggolan torna a centrocampo, la Roma va a vincere la partita. Con un centrocampista in meno e un attaccante in più. De Silvestri ferma El Shaarawy, Kolarov trasforma la punizione. In successo.
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