AS ROMA NEWS EUROPA LEAGUE DYBALA – La Joya di esserci, la Joya di provarci con il sorriso nonostante il dolore alla caviglia, la Joya di dire al proprio condottiero «mister, se vuole io ci sono». José non aspettava altro che un segnale da Dybala per trasformare la carica agonistica dell’argentino in energia cinetica per alimentare l’intera squadra, scrive il Corriere dello Sport.
La Joya di vivere una notte come questa, impreziosita da un gol da campione. Prima della sofferenza dell’anima, quella più estrema, per una finale che è scivolata via nel modo più brutale. Paulo avrebbe tirato il calcio di rigore, ed è il rimpianto più grande per il popolo romanista. L’avrebbe calciato con sicurezza, come a Losail lo scorso 18 dicembre nella finale del Mondiale.
E invece ha alzato bandiera bianca molto prima di arrivare al momento topico della notte di Budapest. La Roma ha avuto luce, finché Paulo – in lacrime a fine partita – ha trovato le connessioni giuste tra il suo piede sinistro e quel cervello da fenomeno calcistico, tra la sua Joya e il coraggio che ha infuso al resto dei compagni con la sola presenza sul prato verde della Puskas Arena.
Il suo inizio è stato stellare. Ed era prevedibile, sopratutto dopo il “tango” di questi giorni: gioca, non gioca, s’allena, si ferma, riparte, ci pensa e poi chissà. Il diamante di Laguna Larga s’è isolato dal mondo, ha fatto pace con il suo personalissimo nemico chiamato infortunio, e poi ha dato la sua benedizione alla finale con un tiro di sinistro a incrociare. Imparabile.
Nel nome del padre, Il señor Adolfo, che da lassù gli avrà sussurrato le stesse dolci parole che gli ripeteva da ragazzo: «Sei forte, Paulino mio, provaci e diventerai grande». Ha giocato – e l’ha fatto alla grande – anche per lui. Stavolta, però, il destino aveva altro in serbo: una delusione tremenda, che non cancella la sua prestazione geniale.
La palla incollata al piede, gli slalom continui e pericolosissimi, la capacità di incassare i colpi come un pugile d’esperienza e di ispirare il gioco con la tipica fantasia del “diez”: è stata una partita totale, la sua. Da campione del mondo. Ma è durata solamente 68 minuti. La metà rispetto ai 130 fatti disputare dall’arbitro Taylor.
Poi ha gettato la spugna, esausto, perché di benzina nel motore non ce n’era davvero più. E quel dolore che l’aveva tenuto in dubbio fino alla vigilia, ha fatto di nuovo capolino, ricordando al suo talento di cristallo che nessun supereroe è davvero immune a un’articolazione che scricchiola. Un’immagine, oltre alle giocate, racconta il Dybala di Siviglia-Roma: alla fine del primo tempo, s’è gettato a peso morto sul tiro potente di Gudelj, sventando un gol da difensore navigato. Per la Roma ha dato tutto, nonostante tutto.
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