Nicolò Zaniolo

AS ROMA NEWS FEYENOORD ZANIOLO – Gli articoli per una volta fanno la differenza. È il dubbio della vigilia, non un dubbio. Il riferimento non è a Mkhitaryan ma a Zaniolo. Che poi, a pensarci bene, dalla presenza del primo dipende l’impiego del secondo. Ma stavolta c’è di più, scrive Il Messaggero. Perché la questione è tattica, atletica e riguarda anche le condizioni attuali di Nicolò. Che a Torino è subentrato nella ripresa, si è procurato il rigore del 3-0, dimostrando di essersi messo alle spalle l’affaticamento muscolare al quadricipite, ma ha anche sciupato un paio di ripartenze tre contro tre che con scelte diverse avrebbero potuto liberare uno dei compagni a rete.

Non è dall’ultima gara di campionato che Mourinho baserà le sue decisioni per mercoledì. Tuttavia eccola lì, l’ossessione che si riaffaccia. La Roma si gioca un trofeo europeo dopo 31 anni ma la curiosità mista a bramosia che attanaglia media e tifoseria è capire se Nicolò sarà o meno della partita. Perché c’è una Roma con Zaniolo e una senza. Più spregiudicata, imprevedibile, sfrontata con il talento azzurro in campo, più equilibrata, compassata e quadrata senza. E qual è il miglior modo per affrontare il Feyenoord? Aggredirlo, come già accaduto nel match di ritorno col Bodø, o gestire le risorse come fatto contro il Leicester, consapevoli che l’importante sarà non subire un gol perché prima o poi la Roma il suo lo segna?

Mercoledì è l’atto finale. Per un club e per una tifoseria che non vincono nulla da 14 anni; per una proprietà che si è impegnata in poco meno di due stagioni per 549 milioni; per lo stesso Mourinho che proprio il 25 maggio deve rispolverare e rilanciare il suo marchio di fabbrica Special, fermo ormai dal 2017. E non può non esserlo anche per Nicolò. Che si appresta a vivere la sua prima finale in carriera.

L’Europeo gli è scivolato via senza rendersene conto, confidando in una convocazione in extremis per poi, non solo restare fuori dal giro azzurro ma essere escluso anche dalla gara clou per la qualificazione ai mondiali, assistita malinconicamente in tribuna. Tirana è il bivio. Arriva dopo una stagione di alti e bassi. Lo dicono i numeri che, visto il talento conclamato, non gli appartengono: 41 presenze, 7 gol e 8 assist. Vincere mercoledì magari rispolverando una serata stile Bodø lo consacrerebbe. E finalmente gli farebbe voltare pagina.

In fondo, ossessione o meno, non parliamo di un calciatore normale. Tecnicamente, atleticamente, tatticamente se c’è uno che catalizza l’attenzione è sempre lui. Che giochi o meno. Partire con un centrocampista in più (Oliveira) come già accaduto nel derby, attendere il Feyenoord, per poi avere nella ripresa la possibilità di giocarsi la doppia carta Spinazzola-Zaniolo e ‘spaccare’ la gara è una possibilità che – qualora Mkhitaryan fosse disponibile – prende sempre più piede. Toccherà a Mou studiare la strategia migliore. Nicolò aspetta.

Poi, archiviata Tirana, sarà finalmente il momento di sedersi intorno ad un tavolo e, come accade in una mano di poker, mostrare il punto. Da entrambe le parti. Perché la Roma continua (ufficiosamente) a valutarlo 60 milioni ma non vuole andare incontro alle richieste del ragazzo che, forte di questa valutazione e con il contratto in scadenza nel 2024, chiede un ingaggio da top player. Per intenderci quanto guadagnano Abraham e Pellegrini. Uno stallo che ha ingolosito diversi club, Juventus in primis. Fino a mercoledì, però, testa al Feyenoord. Anche perché a volte, basta poco per cambiare il proprio destino.



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