IL MESSAGGERO (S. CANETTIERI) – La sospensione della consigliera comunale del M5S Cristina Grancio finisce in tribunale. L’ormai ex pentastellata ha depositato il ricorso per chiedere l’annullamento del provvedimento che hanno emesso nei suoi confronti i probiviri del M5S, dopo le critiche sull’operazione stadio della Roma a Tor di Valle. Dunque, tutto finisce a carte bollate e in maniera violenta. Un film già visto in giro per l’Italia, ma è la prima volta che accade con gli eletti a Roma, andando così a toccare la maggioranza che sostiene Virginia Raggi. Grancio è andata sul sicuro: si è rivolta a Lorenzo Borrè, l’avvocato civilista che con le sue battaglie è diventato l’incubo di Grillo, il difensore di tutti i cacciati dal M5S. L’ultima è stata Marika Cassimatis, la prima candidata a Genova poi scomunicata via blog. Quello di Grancio è un colpo a sorpresa che apre un fronte inedito in Campidoglio.
LA SITUAZIONE E soprattutto arriva in un momento delicato: con la sindaca Virginia Raggi alle prese con le intercettazioni e soprattutto il possibile rinvio a giudizio per falso e abuso d’ufficio, l’addio annunciato dell’assessore Massimo Colomban e una serie di contrasti interni alla maggioranza pentastellata. Il caso Grancio finora ha tirato dentro, seppur in maniera diversa, altre due consigliere M5S: Monica Montella e Gemma Guerrini. La prima ha indetto una raccolta di firme tra i militanti per salvare la collega sospesa, la seconda è a rischio provvedimento per non aver partecipato come le altre due alla votazione della delibera sulla pubblica utilità dello stadio di Tor di Valle. Adesso cambia tutto, con una consigliera, la prima a Roma, che trascina il M5S in tribunale. Una mossa che per le regole interne pentastellate, aspettando la sentenza dei giudici, la pone fuori per sempre dal gruppo. Una grana in più, appunto, per il Campidoglio grillino. Grancio nel ricorso già depositato si appella alla modalità con la quale è stata messa fuori dal M5S.
LA DIFESA Nella comunicazione dei probiviri che le è arrivata si richiama a una precedente nota del blog che la consigliera dice di non aver mai ricevuto. Questo caso romano può avere un effetto ancora più deflagrante perché qui nella Capitale gli attuali consiglieri (a partire dalla sindaca Virginia Raggi) firmarono al momento della candidatura un contratto (che prevede tra le altre cose una multa di 150mila euro in caso di danni d’immagine al Movimento).
In generale, tutti temi che l’avvocato Borrè conosce a menadito per averli trattati in questi mesi, su e giù per l’Italia, decine di volte. Con la differenza che l’unicità del caso Roma potrebbe riaprire anche la vicenda del contratto, già considerato legittimo dal tribunale che però non entrò nel merito perché il ricorso non era stato presentato da chi lo aveva sottoscritto (ma un avvocato vicino al Pd). Questa volta non è così. Per Raggi e Beppe Grillo si apre dunque un altro fronte interno, come se non bastassero quelli già in piedi.
(Il Messaggero – S. Canettieri)
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