La realtà è inequivocabile e, quindi, amara. La Roma, pur rimanendo ancora in ballo in 3 competizioni, si accorge che improvvisamente il vento è girato. In casa e in trasferta. Ovunque. In Coppa Italia, in campionato e adesso anche in Europa League. E proprio il prestigio di essere in corsa su 3 fronti rischia di diventare il tallone d’Achille del gruppo. L’abbondanza di tornei evidenzia la carenza di interpreti. Perché la rosa non permette gli straordinari. Incompleta, parziale e modesta nei 22 giocatori. Decente solo nei 14 che vanno sempre in campo e oggi non hanno più benzina.

CADUTA LIBERA La striscia negativa, 3 ko in 9 giorni e in 3 competizioni diverse, fa rumore. Anche perché Spalletti, in 5 anni e mezzo passati sulla panchina giallorossa (compresa la prima esperienza a Trigoria), solo una volta è stato capace di raccogliere meno di quanto ha fatto dal 1° al 9 marzo. Accadde dal 5 ottobre al 1 novembre 2008, cioè 11 mesi prima del suo addio, quando le cadute consecutive furono addirittura 5: Siena-Roma 1-0; Roma-Inter 0-4; Chelsea-Roma 1-0 (Champions League); Udinese-Roma 3-1; Juventus-Roma 2-0. C’è pure un’altra serie di 3 sconfitte, dal 13 al 20 maggio 2007: Roma-Torino 0-1, Inter-Roma 2-1 e Cagliari-Roma 3-2. Ma la seconda coincise con il 1° successo in carriera: era la finale di ritorno di Coppa Italia e i giallorossi, dopo il 6-2 dell’andata al’Olimpico, sollevarono il trofeo a San Siro.

TUTTO PREVISTO Spalletti, a gennaio, avvertì la piazza, anticipando la frenata durante questo tour de force. Del resto, nella sessione invernale di mercato, ha ricevuto solo Grenier a compensazione dell’addio di Iturbe. Colpo a salve, insomma: il nuovo arrivato si è visto per 3 minuti contro la Fiorentina. L’allenatore, più che pessimista, fu sincero. Meglio non illudere la tifoseria (c’è, però, chi gli contesta di essere stato esageratamente aziendalista). E adesso, pur non avendo messo in preventivo quanto successo dalla notte del derby, resta comunque convinto che la situazione sia tutt’altro che compromessa. La stanchezza dei big c’è e non la nasconde più nemmeno lui. Non la sventola, però, come si fa con la bandiera bianca al momento della resa. L’alibi renderebbe più fragile la squadra. Dentro lo spogliatoio i giocatori la pensano diversamente. Si confrontano tra loro, perplessi e angosciati. E anche fuori ne parlano. Si sfogano con i procuratori e con gli amici. E con i colleghi di altri club. Preoccupati che la stagione diventi come le altre. Un flop. Dovrebbero riposare i più utilizzati: Nainggolan, Dzeko, Fazio e Strootman. Ma i ricambi, nei ruoli chiave, non ci sono. Non è un caso che ultimamente la migliore prestazione della Roma sia stata quella contro l’Inter a San Siro. Quel successo arrivò dopo il turnover extralarge (8 titolari a riposo) nella partita di ritorno contro il Villarreal, il 1° dei 4 ko nelle ultime 5 gare, l’unico ininfluente. Il disfattismo di chi sta fuori, la depressione di chi sta dentro: Spalletti ha individuato i colpevoli: l’ambiente ostile alla vigilia, la squadra senza carattere a fine partita (ieri il tecnico ha parlato ai giocatori: mezz’ora di analisi sul momento e sulla gara di Lione). La società, come ha spiegato l’ad Gandini, non vede però ombre su Trigoria.

GESTIONE APPROSSIMATIVA Dal toscano, nella fase cruciale dell’annata, ci si aspetta più presenza in panchina. Se la Roma cala, va aiutata quando si è ancora in tempo. Con qualche cambio. E non a giochi fatti come è accaduto a Lione: dentro nel finale Paredes (37°) e Perotti (40°) e a fine recupero El Shaarawy (48°). E, più tardi, bocciarli: con loro la situazione è addirittura peggiorata. Come d’incanto scompare dal radar «la Roma più forte che ho allenato». Sarebbe stato meglio togliere Dzeko sul 2 a 2 e usare subito Paredes o Perotti. Sostituzioni conservative, pensando al ritorno. Non ci pensò nemmeno nella semifinale d’andata contro la Lazio. Giovedì il centravanti è rimasto in campo per tenere palla, spiega il tecnico. Nessuno, però, è riuscito più a portargliela. O a proteggere la difesa ormai fragile (8 gol in 3 partite) che subisce il 1° poker, al 41° match stagionale. Pure tatticamente, dopo il 10° ko, bisogna intervenire. Il tris è servito dopo 1027 giorni. La Roma chiuse il campionato 2014 con il record di punti (85), ma con 3 sconfitte di fila: l’ultimo il 18 maggio a Marassi contro il Genoa, dopo quelli al Massimino contro il Catania e all’Olimpico contro la Juve. Che vinse il titolo: Conte la lanciò oltre quota cento punti (102). Garcia, però, riportò i giallorossi in Champions grazie al 2° posto. Da difendere a Palermo. Per evitare la fuga dei campioni, a prescindere da che cosa deciderà Spalletti.

(Il Messaggero – U. Trani)



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