Poteva andare anche peggio, alla fine è andata fin troppo di lusso. La Roma vince, ipoteca i quarti e con un altro corto muso: 1-0, il terzo di fila dopo quello di La Spezia e contro l’Atalanta, stavolta con tre tiri in porta, sono bastati quelli, a fronte di qualche occasione di troppo concessa agli avversari, specie nel primo tempo, scrive Il Messaggero.
Una bomba di Oliveira dal cuore dell’area olandese cancella una prestazione per lunghi tratti modesta e piena di buche, proprio come il terreno del GelreDome. Queste partite infrasettimanali, che non hanno l’appeal della Champions, portano maggiori fatiche e aveva ragione Mourinho, qui non si può giocare un calcio tecnico e di qualità, il terreno è davvero pericoloso. E la Roma si è adeguata a queste difficoltà ambientali e soprattutto nel primo tempo non c’è stata o quasi: i giocatori non stavano in piedi e la palla girava colta dal mal di testa, senza alcun controllo, nemmeno dei più tecnici, vedi Abraham e Zaniolo.
Una specie di disastro, spettacolo assente, i palloni che viaggiano alti, senza criterio, rischio infortuno altissimo. Il risultato paga di tutto, però. La Conference deve restare un obiettivo e in fondo ci si può arrivare anche così. Il Vitesse, di sicuro più abituato a questo tipo di situazione, resisteva meglio in piedi, e la Roma fino alla rete del portoghese aveva solo fatto muro, cercando di tappare qualche sprint degli avversari, vicini al gol in due occasioni vere, la seconda dopo un pasticcio di Rui, a porta spalancata. Ma basta un alito di vento e la partita prende un’altra strada, come spesso accade: il bolide di Oliveira porta il vantaggio e maggiore consapevolezza. Aria per tutti. I bollori del Vitesse di spengono all’improvviso.
Mourinho ne approfitta e ricambia la squadra a inizio ripresa, dandole un’altra luce, togliendo dal campo coloro ai quali aveva concesso una chance, Maitland-Niles (dentro Karsdorp), Veretout (c’è Cristante) e Viña (si rivede El Shaarawy, che entrerà bene): il mercato è sempre il tema della stagione, i nuovi non vanno, lì andrà messa una mano pesante.
Con il vantaggio in tasca, diventa tutto più semplice. E’ il momento di gestire le forze e rischiare al minimo, potendo pensare ai prossimi impegni, oltre a Udine domenica (mancheranno Kumbulla e Micki, tra i migliori dell’ultimo periodo), e alla Lazio il venti, tre giorni dopo la sfida di ritorno con il Vitesse, che ora verrà affrontata con meno ansie. E Mou, quella sera, potrà davvero gestire la sfida con un turnover ancor più massiccio.
Pellegrini entra nella ripresa al posto di Zaniolo, che sembrava aver accettato poco volentieri la sostituzione sfilando via negli spogliatoi ma poi Mourinho chiarirà che lui stesso gli aveva chiesto di andare a farsi la doccia. Lorenzo va a piazzarsi vicino ad Abraham, che fallisce il pari con un cucchiaio andato a male, e prova a inventare qualche giocata per il raddoppio e chiudere definitivamente il discorso qualificazione.
L’espulsione di Oliveira, il secondo giallo un po’ esagerato a dire il vero, rischia di mandare all’aria i piani di Mourinho, che poco dopo stava quasi per subire il pari per un colpo di testa di Grbic, sul quale stavolta Rui Particio è lucido. Mancini prende la solita ammonizione, stavolta per proteste e salterà la gara di ritorno. Poco male.
Entra Smalling nel finale, al posto di Micki, che si è visto a tratti, lui più di tutti vittima del campo. L’inglese per le ultime barricate, come con l’Atalanta ma il Vitesse non è l’Atalanta. Qui vola un’aquila nel cielo, poco prima della partita, lo stesso rito che si consuma all’Olimpico quando gioca la Lazio: si avvertiva nell’aria un non so che di derby pure da queste parti. Perché poi in campo c’era la Roma, che il 20 marzo non dovrà giocare così se quella partita la vorrà vincere. Questo è chiaro.
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