AS ROMA NEWS VERONA JURIC – La consapevolezza di Juric è di chi sa di navigare a vista. Di dover pensare all’oggi perché il domani potrebbe anche non esserci. Ed è forse per questo che si potrà dire tutto del tecnico di Spalato ma non che non sia un uomo coraggioso. E per di più un allenatore. Che fa delle scelte, opinabili o meno, ma per nulla scontate. Senza paura. Quella l’ha lasciata negli spogliatoi del Franchi, tra qualche bottiglietta d’acqua che volava ad altezza uomo accompagnata poi al pianto nervoso nella ripresa, mentre vedeva in campo la Roma affondare.

E con lei, il timore di aver buttato via non solo 40 giorni di lavoro ma soprattutto la grande chance della carriera. E invece eccolo ancora qui, contro ogni pronostico, previsione e in alcuni casi auspicio. Ivan somiglia a quello scalatore che perso ogni appiglio e fune, decide di arrampicarsi a mani nude, conscio che basterebbe mettere un piede in fallo per crollare definitivamente. Ma incurante va avanti.

Quindi, archiviato il Torino, sotto con il Verona. Ancora il passato a decidere del suo futuro. Sembra un film ma è la realtà: «Dobbiamo guardare partita dopo partita, se non si fa risultato non abbiamo fatto niente». Elementare Watson, almeno nei propositi. Lo sarà meno nei fatti. Anche a Verona infatti tira un’aria da ultima spiaggia con Zanetti che alla vigilia ha parlato di confronti duri tra lui e la squadra. Sembra il remake di Trigoria ma non lo è.

Juric quell’ambiente lo conosce bene e non si fida: «Hanno raccolto meno di quello che meritavano. Hanno giocatori veloci e tecnici, hanno alternato eccellenti prestazioni con altre meno buone. Ora vengono da risultati negativi anche se a Lecce hanno fatto bene. Saranno incattiviti, con voglia di riscatto. Sarà difficilissima per noi». Per carità, tutto vero. Ma la Roma non può permettersi di fare sconti. Anche perché se non dovesse vincere questa sera, si tornerebbe sull’ottovolante delle indiscrezioni, delle attese di eventuali comunicati, dei confronti, dei bisbigli.

Che però, partono da una certezza in più: anche in caso di ulteriore avvicendamento, De Rossi non tornerà. Una decisione dei Friedkin comunicata da Ghisolfi a Pellegrini nei giorni scorsi: non ci sono margini per un Daniele-bis. Quindi chi nello spogliatoio sperava nel ritorno di Daniele, si metta l’anima in pace. E questa volontà dei Friedkin, gioca a favore dell’allenatore croato.

Perché dopo quasi due mesi, anche con qualche ruvidità, a qualcuno la schiettezza del croato non dispiace. Anche perché, non va dimenticato, che nemmeno ai tempi di DDR erano tutte rose e fiori. Alcune valutazioni fatte da Daniele, al di là di retromarce mediatiche, molti elementi non se le sono dimenticate. Quindi, fino a prova contraria, avanti con Juric. Che a Verona vuole cambiare il meno possibile rispetto a giovedì. Spazio quindi alla coppia Le Féè-Kone in mezzo, Celik a destra e Zalewski a sinistra, pronto alla staffetta con El Shaarawy, e davanti con Dovbyk che si riprenderà il posto e Dybala di diritto titolare («Ha colto l’importanza della partita, il resto non conta»), c’è l’unico ballottaggio tra Pisilli e Pellegrini.

Motivi tattici (a Nicolò viene chiesto un sacrificio suppletivo in marcatura sul portatore di palla dal basso avversario) ma non solo, avendo Lorenzo provato a capire, dopo Firenze, i margini per un ritorno di De Rossi. E questo, a chi vive appeso ad un filo, inizialmente è piaciuto poco. Non a caso prima del match con il Toro, Juric si lasciò andare a questa riflessione: «Il “dottore”, cioè io, deve prendersi cura della squadra, i giocatori devono giocare e non occuparsi di altro». Ma come dimostrato con Mancini («Non possiamo permetterci esclusioni») non è più tempo di ripicche.



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