AS ROMA NEWS JURIC – Incongruenze, equivoci, errori e tanti silenzi. Troppi. Non basta infatti confermare ufficiosamente quanto si era già capito nella giornata di lunedì, dopo che Ghisolfi aveva ribadito alla squadra la permanenza di Juric. Ok, Ivan resta («per ora», sottolineatura non banale) e i Friedkin non sono felici dei risultati. Ci mancherebbe, verrebbe da aggiungere, scrive Il Messaggero.
Il problema è che la Roma, scivolata al dodicesimo posto in classifica, continua a navigare a vista. Sul tecnico, sulla scelta del Ceo (a proposito, oggi sono 45 giorni che il club è senza amministratore delegato), del direttore generale, del responsabile del marketing e tante altre qualifiche che magari non interessano ai più ma in una società sono fondamentali. Domani la gara con l’Union Saint Gilloise è un crocevia se si aspira ancora di arrivare tra le prime 8 ed evitare il playoff ma sembra essere l’ultimo dei problemi. La margherita sfogliata da Dan e Ryan in queste ore ha regalato al tecnico un altro paio di partite.
E poi? Cosa accadrà con la sosta? Si annuncerà almeno il Ceo per poi girare a lui la patata bollente della scelta del nuovo allenatore? Partendo dal presupposto che sarà italiano, dopo che padre e figlio non si sono trovati d’accordo sulla figura di Fenucci, tornano ad impennarsi le quotazioni di Carnevali, avvistato ieri in città. Uomo navigato nel mondo del calcio, esperto di mercato, quello che servirebbe in un momento dove i dubbi la fanno da padrone. Societari, tecnici, tattici: in una Trigoria svuotata a livello dirigenziale (e ieri anche in campo, visto il giorno di riposo concesso al gruppo) non ci si fa mancare nulla.
Situazione che non può non intaccare la squadra. Che quando le cose non funzionano deve soltanto scegliere l’alibi più facile, se nascondersi dietro l’allenatore in bilico oppure appigliarsi al quadro d’incertezza che respira. Più volte è stato ribadito come Juric in questo contesto sia probabilmente l’ultimo responsabile. L’origine di quanto sta accadendo va cercata in primis in un mercato alla ricerca dell’occasione (tanto per ricordare, si è passati da Mikhautadze, ammesso da De Rossi pubblicamente, a Dovbyk) più che volto a seguire un’idea tecnica (a tal punto che a sessione ultimata si sono acquistati due svincolati per passare dal 4-3-3 al 3-5-2); nella decisione di non investire sugli esterni (benché Ghisolfi dica che in rosa ce ne sono 7); nel mancato acquisto di un centravanti di riserva e soprattutto nell’aver abbandonato un progetto tecnico dopo appena 4 gare.
Ora, però, anche se Ivan è arrivato in corsa, dopo 50 giorni era lecito attendersi di più. E invece si vede poco e se possibile alcuni calciatori sono al limite della crisi di rigetto. Ndicka, ad esempio. Per due anni e con due tecnici diversi è stato sempre impiegato come centrale mancino. Lecito che un allenatore possa decidere di spostarlo al centro ma se la Roma difetta negli esterni, possibile che nei tre debba giocare Angelino? Anche perché El Shaarawy è tornato da poco da un infortunio e Zalewski, suo malgrado, è in un momento di grandissima difficoltà. Ma non solo: possibile che un signore che il primo giugno ha disputato la finale di Champions, non riesca a ritagliarsi uno spazio nemmeno contro l’Elfsborg, per poi utilizzarlo come l’ultimo dei ragazzini in corsa nella grandinata di Firenze? E non finisce qui. Pisilli ha scalato posizioni, a tal punto da essere impiegato spesso come uno dei due trequartisti perché va poi in pressing sul primo portatore di palla avversario. Bene.
A Verona vengono fatte altre scelte ma poi, quando è il momento dei cambi, non sono non entra ma Juric punta nuovamente su Paredes mai impiegato nelle precedenti 4 gare. E Shomurodov? Domani potrebbe toccare nuovamente a lui, quando in campionato se Dovbyk non è a disposizione, il croato pur di non impiegarlo ha preferito cambiare assetto e giocare con il falso nueve. Tante cose che non tornano. Chissà se basteranno due partite per rimetterle a posto.
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