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Rassegna stampa

Roma e Juventus: centimetri e gol, prodezze e violini. L’infinita rivalità tra due club ora amici

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NOTIZIE ROMA-JUVENTUS – E’ una storia epica. Un romanzo di eroi del pallone, di personaggi con il gusto della polemica, di episodi controversi. Non ci sono limiti geografici, i protagonisti arrivano addirittura dal Giappone, ma alla fine sarà sempre una questione di centimetri. La rivalità tra Juve e Roma comincia in campo e rimbalza dappertutto resistendo da sempre alle differenze di origine e di percorso dei due club. Anzi, alimentandosi anche di questo.

Tutto inizia addirittura nel 1931 quando il 5-0 della Roma alla Juve ispira un film che prende il titolo dal risultato. La trama, in realtà, racconta un amore controverso vissuto dal capitano di un’anonima squadra. Il calcio fa da sfondo, quindi, mentre si prende la scena all’ultima giornata del campionato 1972-73. Non è un film, ma gli somiglia assai: il Milan crolla a Verona, la Juve vince all’Olimpico contro una Roma battagliera grazie a un gol di Cuccureddu a 3’ dalla fine e conquista lo scudetto.

Sul tabellone all’intervallo compare il risultato del Bentegodi (3-1 per il Verona) e Cestmir Vycpalek, allenatore dei bianconeri, reagisce così: «Qui ci prendono per i fondelli». La rivalità è viva, ma esplode definitivamente il 10 maggio 1981, terzultima giornata, Juve a +1 sulla Roma. Partita chiusa, tesa, nervosa. Espulso Furino, i bianconeri arrancano, i giallorossi spingono. A un quarto d’ora dalla fine Turone segna di testa il gol che potrebbe regalare alla Roma sorpasso e scudetto.

L’arbitro Bergamo annulla per fuorigioco dubbio, il presidente Dino Viola lo liquida così: «Perdiamo lo scudetto per una questione di centimetri». Anni dopo l’arbitro dichiarò di non aver voluto cambiare la decisione del guardalinee Sancini che si è sempre detto sicuro della sua valutazione. Il presidente della Juve Giampiero Boniperti scriverà nell’autobiografia che avrebbe dato il gol, ma che sarebbe stato impossibile valutarne con certezza il peso sul campionato.

Da quel momento cambia tutto, ogni sfida assume un significato particolare soprattutto nei primi anni Ottanta, quelli di Falcao e Platini, di Bruno Conti e Boniek, di Pruzzo e Rossi, di Nela e Cabrini, di Ancelotti e Tardelli. Nel 1982-83 i giallorossi di Liedholm vincono lo scudetto, ma al 22° turno la Juve espugna l’Olimpico complicando un po’ il cammino dei rivali. Segna Falcao, pareggia Platini su punizione e poco prima del 90’ Brio completa il sorpasso di testa. Al fischio finale lo stopper di Trapattoni viene morso dal cane lupo di un poliziotto: «Aveva il foulard giallorosso, quel cane», raccontò Brio. Dopo la gara Viola protesta per la posizione del difensore della Juve, tira nuovamente fuori la storia dei centimetri e Boniperti gli regala un righello. Polemiche certo, ma gestite con classe da entrambe le parti.

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Nel 1995 un guardalinee disturba Aldair durante una rimessa laterale, così il brasiliano lancia Ravanelli verso il gol che apre l’incontro: è la prima Juve di Lippi che poi vincerà lo scudetto e quando in palio c’è il titolo i toni si alzano e ogni episodio viene ingigantito. Nel 2001, ad esempio, è la Roma a festeggiare e la partita che risolve la questione è quella di Torino.

La Juve che insegue una complicata rimonta segna con Del Piero e Zidane. Sembra finita, Totti è spento e Capello lo sostituisce con Nakata. Rewind. Il giapponese è finito spesso in tribuna per la regola sugli extracomunitari (al massimo tre per ogni incontro: e il tecnico si affida di solito a Cafu, Samuel e Batistuta), che due giorni prima della sfida del Delle Alpi viene cancellata: così Nakata entra, segna e fa segnare Montella con l’aiuto di Van der Sar. Stavolta sono i tifosi della Juve a lamentarsi e quelli della Roma a festeggiare. Capello viene idolatrato dopo il tricolore conquistato in quella stagione e nel febbraio 2004 giura che non andrà mai alla Juve. Il 27 maggio dello stesso anno viene annunciato il suo passaggio al club bianconero. Per i romanisti è un traditore e lo accusano di essere scappato nella notte, senza farsi vedere da nessuno.

In campo negli anni si alternano fuoriclasse assoluti, grandi campioni, giocatori di personalità. E gli sfottò non mancano. L’8 febbraio 2004 la Roma seppellisce la Juve sotto un poker di reti. Totti si rivolge a Tudor e celebra il trionfo con il famoso gesto delle dita: «4 e a casa». Una presa in giro che il 22 aprile 2012 Lichtsteiner replicherà a Lamela: «Non sapevo che Totti l’avesse fatto anni prima. Feci quel gesto a Lamela che parlava, parlava. Sul 4-0 per noi…».

Sfottò, appunto. E musica: di violino precisamente. Il 5 ottobre 2014 la Juve batte la Roma 3-2 in una gara piena di rigori (due per i bianconeri, uno per i giallorossi), cartellini (un rosso per squadra, sette gialli), polemiche (contestato Rocchi per non aver considerato attivo un fuorigioco di Vidal sul tiro decisivo di Bonucci). Rudi Garcia mima il violino (forma di protesta originale, comunque) e viene espulso.

Tra Juve e Roma storicamente ci sono stati momenti di grande tensione, come per i trasferimenti di Boniek nel 1982 e Paulo Sousa nel 1994: entrambi destinati alla Roma e poi finiti alla Juve, anche se il polacco vestì il giallorosso con qualche anno di ritardo. O come per le dichiarazioni di Zeman, tecnico della Roma, nel 1998 («Il calcio è entrato in farmacia, guardate i muscoli di Vialli e Del Piero»). In tempi recenti, però, le due società hanno trovato una buona sintonia. Andrea Agnelli proietta la Juve in una dimensione più moderna ed europea; la proprietà americana di Pallotta, per quanto criticata, imposta un rinnovamento importante e avvia l’operazione stadio che sarà probabilmente conclusa sotto la gestione Friedkin.

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E tra Juve e Roma nasce un certo feeling a livello societario: Pjanic viene acquistato dai bianconeri con il pagamento della clausola, ma poi i club si accordano nella trattativa che coinvolge Spinazzola e Luca Pellegrini e si trovano spesso allineati sui temi di politica sportiva. Pochi giorni fa sembrava tutto fatto per i trasferimenti di Edin Dzeko alla Juve e di Mattia De Sciglio alla Roma, poi saltati per imprevedibili dinamiche di mercato.

E allora, tra una polemica e l’altra, vale la pena ricordarsi dei giocatori più rappresentativi della storia dei due club: Alessandro Del Piero e Francesco Totti. Ale contro la Roma ha segnato tanti gol e soprattutto il suo primo allo Stadium. Francesco, che oggi compie 44 anni ed è stato omaggiato da uno striscione appeso al Colosseo, ha punito spesso i bianconeri. Del Piero e Totti erano grandissimi rivali in campo, ma erano amici fuori. Il senso dello sport è proprio questo. Centimetro più, centimetro meno.

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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