Edin Dzeko

(La Stampa – M. De Santis) I processi, anche solo immaginari, possono attendere. Passando dalla consistenza dell’Atletico Madrid alla morbidezza del Verona, la Roma si scrolla di dosso un po’ del «negativismo» ambientale denunciato dal «resiliente» Di Francesco.Una piacevole passeggiata tra le rovine difensive dell’Hellas, bucato due volte per inerzia da Nainggolan e Dzeko nei primi 33 minuti (piccolo miglioramento rispetto alle tre reti incassate in 24’ sei giorni prima), è il modo migliore per dimenticare le sofferenze dell’assedio cholista in Champions e mettere in cascina tre punti che, specialmente in una fase di lavori in corso e con l’asterisco di una partita in meno accanto in classifica, restano il miglior silenziatore dei brusii di sottofondo.

FLORENZI, 325 GIORNI DOPO – Ritrovando Florenzi (al rientro dopo 325 giorni), testando i giovani Pellegrini e Cengiz Under, ma soprattutto schierando finalmente una formazione senza interpreti adattati, fuori ruolo o indietro nella comprensione del suo sistema di gioco, Di Francesco ha potuto mostrare un bell’abbozzo della Roma che ha in mente. Merito, per la verità, anche del sempre più a rischio Pecchia e del Verona attuale, incapace di imbastire un qualsiasi progetto di resistenza. Tutto facile, con queste premesse, nell’allestimento del tiro a segno giallorosso: uno sparo alto di Pellegrini, un palo esterno di Cengiz Under, un’occasionissima per Dzeko e la zampata di Nainggolansotto il diluvio che apre le acque della difesa ospite. La Roma potrebbe anche dilagare, ma si «limita» a una doppietta di Dzeko. Nel finale, visto il clima quasi da allenamento, c’è spazio anche per il debuttante di Schick. Il «negativismo», per ora, è evaporato. Benevento, Udinese, Qarabag e Milan in undici giorni possono restaurarlo o dare vita al periodo «positivista».



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