Per Spalletti dev’essere come vedersi catapultato indietro di sei mesi. O peggio, di dieci anni. È solo la quarta di campionato, ma Roma pare rimasta alla fine della stagione scorsa. Ha gli stessi nervi scoperti, le stesse questioni a tenerla sveglia. Il solito dualismo imposto dalla città: Totti da una parte, la Roma dall’altra. Come se il capitano e la sua squadra fossero organismi dissociati, o peggio antagonisti. La continua contrapposizione tra la Roma con il suo capitano in campo e la Roma senza di lui, alimentata pure da Nainggolan («I tifosi ci sostengano pure quando non c’è Totti») ha finito per incendiare l’umore del tecnico. Dall’anno scorso un ritornello sibila per i vicoli della città: «Spalletti non rinnova se resta Totti». Dev’essere arrivato pure a lui se in conferenza sbotta: «Io resto alla Roma solo se Totti continua a giocare». Può suonare come una provocazione. In realtà è una risposta: «Francesco viene usato per spaccare la Roma. E anche lui lo avverte».
Ne hanno parlato durante la colazione a due a Trigoria di ieri mattina: a prendere il caffè con l’allenatore c’era proprio Totti, e non è nemmeno una novità. Che i due non si amino è certamente vero, ma su una cosa sono d’accordo: su quanto Francesco sia diventato lo strumento per inchiodare la Roma, utilizzato proprio da chi 10 anni fa lo detestava e oggi lo incensa pur di dividere. Contro la Fiorentina, stasera, le preoccupazioni dell’allenatore saranno però altre: su tutte la fragilità difensiva (9 gol subiti in 6 gare, l’ultimo a Plzen). La rosa resta «la migliore mai avuta», ma di come giochi la squadra non è contento. E la avverte: «Io, fino a fine anno, non mi deformo…». Poi chissà dove sarà: dipende da Totti.
(La Repubblica – M. Pinci)
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