Francesco Totti

AS ROMA NEWS TOTTITotti dirigente sarebbe un atto di giustizia, un’enorme curiosità soddisfatta e avrebbe una logica ben precisa. Tuttavia dopo sette anni dirigente non lo è ancora, scrive Ivan Zazzaroni sul Corriere dello Sport.

Trovo paradossale che chi fa del calcio ad alto livello la propria vita, ne affronta quotidianamente e per anni tutte le situazioni e combinazioni possibili, una volta conclusa la carriera possa solo reinventarsi allenatore o, se proprio gli va male, opinionista televisivo, per rompere spesso i coglioni a colleghi ai quali non potrebbe nemmeno pulire le scarpe e togliendo spazio a chi della comunicazione ha fatto la propria ragione d’essere. Questa è tuttavia una responsabilità attribuibile a noi giornalisti. Non lo ripeterò mai abbastanza: è puro masochismo professionale.

Nell’intervista concessa a Sky Francesco ha ribadito con chiarezza quale sarebbe il suo desiderio e che un ruolo di sostanza gli interesserebbe eccome. D’immagine, no. Mi sembra il minimo. Tra una battuta solo apparentemente scherzosa e l’altra, non ha risparmiato appunti alla sua Roma, in particolare sul mercato, sull’assenza di una comunicazione chiara e pop e sui silenzi americani.

Nel mio mondo ideale, che essendo ideale non sembra realizzabile, il calciatore gioca vent’anni, guadagna milioni (è un grosso merito), si ritira, diventa allenatore o dirigente e riporta sul campo le conoscenze accumulate, mentre il giornalista parla e scrive e guadagna in autorevolezza e credibilità confrontandosi ogni giorno tanto con dirigenti, ds e atleti quanto con i lettori o i telespettatori. Nel calcio ideale ognuno fa quello che sa fare meglio. Poi, certo, in tutti i settori ci sono le eccezioni. La cultura è la regola, il calcio è l’eccezione.



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