Stretta tra campionato e preliminare di Champions League – domani la prima di serie A contro l’Udinese, all’Olimpico alle 18, e martedì il ritorno contro il Porto – la Roma cerca un’identità. La partita di mercoledì sera, all’Estadio do Dragao, ha fatto vedere due facce opposte della stessa medaglia e ha confermato un sospetto: la squadra è forte ma, ancora una volta, alcuni «buchi» nella rosa non sono stati riempiti. Per esempio, i terzini. Un pareggio con gol in trasferta (in questo caso 1-1) è spesso accolto con favore. Non c’è dubbio che la Roma abbia preso un vantaggio per la qualificazione che vale anche 30 milioni di euro in bilancio. Per passare il turno, però, i giallorossi dovranno quasi sicuramente vincere. Il pareggio per 0-0 non è nelle corde della Roma. Nelle ultime 31 partite europee – tra Champions e Europa League – ha pareggiato senza reti una sola volta: il 9 dicembre 2015, in casa, contro il Bate Borisov. Fu l’ultima partita europea della gestione di Rudi Garcia, la Roma si qualificò per gli ottavi di Champions (dove Spalletti perse contro il Real Madrid con un periodico 0-2) ma il pubblico dell’Olimpico fischiò. Nelle altre 30 partite la difesa giallorossa ha incassato 66 gol, più di 2 a gara. Va detto che la gestione Spalletti si fa carico di soli 5 di questi 66 gol, ma anche con il tecnico di Montespertoli è rimasta l’incapacità di tenere la porta inviolata. Un problema che ha le sue radici nel calciomercato made in Sabatini. La difesa subisce una rivoluzione a ogni stagione: arrivano giocatori buoni (quest’anno Vermaelen) o almeno discreti (Mario Rui, Juan Jesus) ma ne partono spesso di migliori (Marquinhos, Benatia, Romagnoli). La Juventus ha costruito i successi sugli intramontabili Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini. Alla Roma si è scelta un’altra strada.
(Corriere della Sera – L. Valdiserri)
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