Puntualmente, ogni anno, ad un certo punto della stagione nella Roma ci si ritrova a fare sempre gli stessi discorsi. Può cambiare il ds, l’allenatore, il calciatore ceduto, l’acquisto in più o in meno ma in fondo tutto cambia perché nulla cambi. Quest’anno l’attesa giallorossa si è protratta sino ad aprile. A conti fatti, però, nulla di nuovo in bacheca dopo le eliminazioni dai playoff di Champions, dagli ottavi di finale di Europa League e dalla semifinale di coppa Italia. Ora rimane la lotta al secondo posto. Che poi, considerando che vince uno soltanto, non sarebbe nemmeno una tragedia sportiva se prima Spalletti e poi la società, non avessero parlato di “ossessione per la vittoria”, “se non vinco me ne vado”, “questa è la rosa più forte che ho mai allenato”, “Paredes è più forte di Pjanic”, “questo club ha tutto per vincere”.
La Roma, almeno in campionato, sta consumando una stagione piena di record. Che però, sono fini a se stessi in un torneo livellato sempre di più verso il basso, dove le ultime due hanno già perso 22 gare a testa (record europeo) e ben cinque calciatori sono già oltre 20 gol con sei partite a disposizione per arrivare a quota 30. Paradossalmente però, il problema di fondo è un altro, ossia, la necessità di arrivare secondi a tutti i costi. Senza i soldi della Champions, la programmazione futura rischia di andare fortemente in sofferenza.
Da sabato, con il Napoli tornato a – 2, anche la mission aziendale del club è in pericolo. E lo stallo nel quale versa la società non aiuta. Spalletti in ogni conferenza rilascia un testamento sportivo. Monchi, nuovo ds in pectore da mesi, effettua ogni giorno la stessa dichiarazione (“L’offerta della Roma è la migliore, ma non l’unica“). La questione-rinnovi o adeguamenti (Nainggolan, Manolas, Strootman e De Rossi) ristagna. Manolas ha le valigie pronte. E potrebbe non essere l’unico. Per questo motivo arrivare secondi è vitale.
(Tuttosport)
FOTO: Credits by Shutterstock.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA