Paulo Dybala

AS ROMA NEWS LECCE DYBALA – La Roma è Joya e dolore. Paulo Dybala, come al solito, protagonista nel bene e stavolta pure nel male. Male suo e della squadra. Segna su calcio di rigore la rete del 2-1 contro il Lecce e si tocca subito la coscia. La smorfia dell’argentino e gli occhi lucidi in panchina raccontano bene la sofferenza di un ragazzo e di una Roma che avanza in classifica (19 punti, uno in meno della coppia Milan-Udinese, e quattro del Napoli capolista) e che continua a perdere pezzi, rischiando di compromettere la stagione, scrive Il Messaggero.

Stavolta il pezzo, Paulo, è il più pregiato. La gemma che, con quello di ieri, è salito a quota sette gol. Non segna sempre lui, ma quasi. La domanda è: da qui al dopo Mondiale, che succederà? La prima rete della Roma la firma Smalling, che attaccante non è e non ci si aspetta da lui una rete a partita da qui in avanti. E ora per un bel po’ Dybala non segnerà, Mou dice che lo rivedremo a gennaio. Non resta che sperare in un risveglio imminente di Abraham (e non solo…), che ancora sbaglia molto ma sembra più vivo, mentre Belotti, non ancora lui, è troppo insicuro e giù fisicamente.

Di buono, ci sono i tre punti. Stop. “Non sono soddisfatto, ci siamo complicati la vita. Non è stata una buona partita. Il gol arriverà. I gol di Abraham e Belotti arriveranno. Anche Zaniolo deve fare qualche gol. Quello che mi preoccupa è la poca gestione della partita. I giocatori non mi capiscono, fanno il contrario di quello che dico, sarà colpa del mio italiano”, il commento di un insoddisfatto Mou, a cui “manca Wijnaldum, Camara non è pronto. La situazione è drammatica, perdiamo un giocatore a partita. Siamo stanchi”. Amen.

José in avvio tiene in panchina Abraham e sceglie Belotti, che meglio di lui non sta. Attimo di respiro pure per Spinazzola (si rivede Viña nell’undici), costretto agli straordinari con il Betis per l’infortunio di Celik. Parte in panchina anche Matic, spazio al recuperato Pellegrini, indispensabile per qualità e visione di gioco. E non a caso, grazie a una sua giocata, la Roma passa dopo sei minuti: Lorenzo pennella un arcobaleno sulla testa di Smalling, che ormai ci ha preso gusto e firma il vantaggio, sovrastando Gendrey.

La Roma vola nei primi minuti, ispirata proprio dal numero 7, che sfiora il raddoppio. La partita gira – almeno nella teoria – dalla parte giallorossa, per l’espulsione (suggerita dal Var) forse fiscale di Hjulmand, per un’entrata, diciamo rigida, su Belotti. Ma è la grande illusione. Il Lecce è vivo, lascia il possesso alla Roma, che però conclude poco e quando lo fa e, come spesso le capita ultimamente, è imprecisa (Zaniolo stenta troppo davanti a Falcone e Pellegrini spara alto dal limite dell’area): il solo Banda si trascina dietro uomo (Zalewski) e pallone.

Da una sua azione nasce l’angolo dal quale scaturisce il pari: la palla non vuole uscire dall’area, Cristante si addormenta e Strefezza mette dentro. Là davanti, Belotti gira a vuoto non occupa l’area. A Zaniolo non riesce quasi nulla. Dybala non è al top, prova a ideare la giocata ma spesso parte basso e non è mai protagonista di conclusioni verso la porta. Va al trotto, si contiene. Una costante: la Roma non uccide le partite, le soffre: in campionato le è riuscito solo una volta, con il Monza, quando è stata capace di segnare due reti nel primo tempo. I tre punti arrivano sì, ma con sofferenza, senza mai brillare.

La squadra non è sciolta e in una situazione del genere, tenere bloccati tre difensori è un lusso: il Lecce fa gol sull’unica azione vera del primo tempo. Mou nella ripresa inserisce Abraham e Spinazzola per il non arrembante Viña e l’impalpabile Zaniolo che ha preso pure un colpo alla testa. L’inglese protagonista, rimedia con astuzia un rigore dopo appena un minuto (subisce fallo da Askildsen ) e la Joya timbra il settimo gol stagionale, il secondo di fila su rigore.

La smorfia di dolore è superiore alla gioia: Paulo si fa male calciando. L’Olimpico esulta, lui lascia il campo, immediatamente. La maledizione continua, arrivederci al 2023, salvo miracoli. Dentro Matic, per provare a non soffrire. Ci prova Zalewski, poi Abraham – che appare vivo – sfiora il gol in tre occasioni, specie con un colpo di testa nel finale (una rete gli viene negata per fuorigioco). Poco altro. Il Lecce c’è sempre, non crea molti pericoli ma è in partita fino alla fine, nonostante l’inferiorità numerica. Tre punti pesanti ma così è un’agonia.



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