La Roma, quando a fine pomeriggio comincia a far buio (ore 19), riprende il suo percorso in Europa. Riparte da Plzen, la città della Boemia occidentale nota per la sua birra, entrando però in scena dalla porta secondaria, dopo aver fallito, meno di un mese fa, l’accesso alla fase a gironi della Champions, eliminata dal Porto nel play-off. Senza pensare ai possibili introiti che, anche in caso di successo finale, non sarebbero mai nemmeno la metà dei 77 milioni incassati nella stagione scorsa arrivando agli ottavi della principale competizione continentale, i giallorossi devono dimostrare di essere competitivi anche quando escono dal nostro Paese. E, senza essere schizzinosi, dare il giusto peso anche a questo trofeo. Che non va considerato scomodo o, peggio ancora, di consolazione. Il club di Pallotta non si può permettere di snobbarlo proprio perché in bacheca c’è solo il trofeo alzato da Losi all’Olimpico l’11 ottobre del 1961, la Coppa delle Fiere che oggi non esiste più. Il gruppo di Spalletti, secondo in classifica dietro alla Juve dopo 3 giornate di campionato, cerca la riabilitazione in Europa. Qui ha subito la chance di riscattarsi dopo la figuraccia del 23 agosto e al tempo stesso di completarsi proprio sfruttando la nuova avventura. Questo torneo può, dunque, essere usato dalla Roma per fare scuola guida. Cioè per prendere confidenza con le gare internazionali, per migliorare il ranking (51° posto) e per prepararsi a tornare in Champions più matura. Il Viktoria Plzen (43° posto) è campione in carica (4 titoli nelle ultime 6 stagioni) e, come i giallorossi, è caduto nei preliminari contro il Ludogorets. Non va, quindi, sottovalutato. Ne sa qualcosa il Napoli che, nel febbraio 2013, prese 5 reti segna segnarne nemmeno una. Spalletti, pur non trascurando l’impegno infrasettimanale, pensa pure alla sfida di domenica sera al Franchi contro la Fiorentina e annuncia il turn over per risparmiare qualche titolare. Almeno 5 le novità.

ROTAZIONE EXTRALARGE – La Roma, in ogni settore, sarà diversa da quella vista contro la Sampdoria. Alisson ritroverà il posto. Fin qui ha giocato solo la prima delle due gare con il Porto, restando in panchina in 4 partite su 5. Avranno spazio anche Fazio, accanto a Manolas, e Iturbe che è all’ultima chiamata. Possibile in attacco la staffetta tra Dzeko e Totti che, domenica scorsa, hanno giocato solo nella ripresa. Come spesso è successo in questo avvio di stagione, però, sarà Paredes a dover sostenere l’esame più impegnativo. Senza De Rossi, squalificato per 3 turni (assente anche Emerson, fermato per 2), il giovane regista avrà la responsabilità del palleggio e della costruzione. Nel 4-3-1-2, Peres a destra (colpito in allenamento da Seck è da valutare) e Juan Jesus a sinistra, Florenzi a centrocampo per l’esclusione di Strootman (o Nainggolan) e Perotti trequartista.

CURRICULUM SCADENTE – È la quarta volta che la Roma partecipa all’Europa League, senza mai essere però riuscita a superare gli ottavi di finale, piazzamento ottenuto, all’inizio del 2015, con Garcia in panchina, dopo l’eliminazione dalla Champions. La vittoria a Rotterdam contro il Feyenoord, il 25 febbraio di quell’anno, coincide pure con l’ultimo successo esterno. E solo in 8 delle 18 gare giocate in questa competizione i giallorossi hanno conquistato i 3 punti. Anche i precedenti, nei confronti con club della Repubblica Ceca e Slovacchia (o dell’ex Cecoslovacchia: sono stati indipendenti da 23 anni), non sono esaltanti: appena in 2 casi su 7 hanno passato il turno. Entrando alla Doosan Arena, dunque, sarà il caso di ricordarsene, dando un senso al viaggio e riprendendo subito quota nel cielo limpido di Plsen. Anche perché vincere il trofeo dà (quasi) la garanzia di guadagnarsi l’accesso diretto alla prossima Champions (solo se la coppa più prestigiosa se l’aggiudica, però, un club che in campionato ha comunque ottenuto il diritto di parteciparvi).

(Il Messaggero – U. Trani)



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