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Roma, la crisi ora è aperta: così è dura andare in Champions

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AS ROMA NEWS MOURINHO – E’ presto per scrivere epitaffi sportivi, perché resta mezza stagione da giocare e ogni percezione può cambiare in un secondo, come è successo mercoledì nel derby dopo il rigore causato da Huijsen. Certo però la Roma ha già cancellato un obiettivo stagionale e sta vivendo un periodo di grandi difficoltà (-8 in campionato rispetto al 2023, 5 punti nelle ultime 5 giornate) determinate da errori di gestione e di prospettiva, scrive il Corriere dello Sport.

In questo momento il club non ha un direttore sportivo, che peraltro è stato sopraffatto dalla pressione e dai gangli del fair play finanziario, e ha un allenatore importante in scadenza di contratto. Non solo: ci sono un grande centravanti in prestito, un fuoriclasse che gioca la metà delle partite, una difesa squarciata da infortuni e indisponibilità, una batteria di esterni che faticherebbero a concepire un cross anche senza avere avversari che li contrastano. 

La Champions sembra dunque più lontana rispetto ai 4 punti di ritardo in classifica. Per responsabilità da suddividere: società, allenatore, giocatori. Appare evidente però che nessuna scommessa effettuata per necessità in estate da Tiago Pinto, direttore in uscita, abbia pagato. L’«ossessione» Renato Sanches è stata un flop, questo sì praticamente definitivo, che ora blocca i piani di rafforzamento nel mercato invernale. Aouar è spesso infortunato e ancora non ha reso.

Paredes gioca sempre e quasi mai è all’altezza del nome. Citiamo tre centrocampisti centrali per chiarire un fatto: Matic non è stato sostituito e nemmeno la meteora Wijnaldum ha trovato un degno successore estivo. Considerando i malanni di Lorenzo Pellegrini, più tartassato che colpevole, la fortuna della Roma è aver sgrezzato un altro prodotto del settore giovanile: Edoardo Bove, sicurezza per il futuro anche per il senso di appartenenza.

Gli altri che stanno giocando secondo le attese, o anche meglio, sono l’inossidabile Cristante, in campo per tutti i minuti del campionato, e soprattutto Mancini, vicecapitano e nuovo idolo della Curva Sud. E’ sembrato azzeccato anche l’inserimento di N’Dicka – prenderlo a parametro zero è stato un colpo intelligente anche se costa tantissimo di stipendio – mentre il resto, per una ragione o per un’altra, sta offrendo poco nel presente e non garantisce nulla per l’avvenire. Accennavamo agli esterni: Spinazzola è in scadenza e da mesi delude, Karsdorp ha spento la luce, Celik ha i suoi limiti, Kristensen è un corazziere indomabile ma tecnicamente modesto e in più tornerà al Leeds insieme a Llorente per fine prestito, Zalewski è cresciuto velocemente fino alla finale di Tirana (un anno e mezzo fa) e poi non ha dato seguito alle aspettative.

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E se Lukaku è destinato a durare poco, perché i Friedkin non spenderanno 37 milioni per comprare un centravanti di 31 anni che da un mese non è più all’altezza della fama, se Dybala tra clausola e incidenti è un’incognita progettuale per definizione, se Rui Patricio termina il contratto e lascia un vuoto in porta, il vero mistero è Smalling. «Mi ha rovinato la stagione» ha sottolineato senza mezzi termini Mourinho, che ha provato a pungolarlo più volte mettendolo a confronto con Mancini che gioca da tempo sotto antidolorifici per contenere la pubalgia.

Ma Smalling, che ha firmato il rinnovo del contratto fino al 2025, è sparito il primo settembre dopo tre giornate di campionato (disastrose) per un problema al ginocchio non chiaro. Non può bastare con tutto il rispetto il bravo Huijsen, protagonista suo malgrado nel derby, a sostituirlo nell’immediato. La beffa è che il ragazzino olandese tornerà più maturo a luglio a disposizione della Juventus.

Ieri intanto Mourinho non ha diretto l’allenamento a Trigoria. Ma non sono attesi scossoni. L’allenatore aveva un impegno personale che aveva già comunicato alla squadra prima della Coppa Italia.

FOTO: Credit by Depositphotos.com

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