Ha ragione Luciano Spalletti: «Chi ha paura del Porto non è da Roma». È lo slogan giusto che deve accarezzare l’inerzia di una sfida che in questo momento scivola verso la squadra giallorossa in virtù dell’11 dell’andata. Sappiamo bene come questo risultato sia tanto positivo quanto pericoloso. Giocando in casa il pareggio senza gol sembra essere sempre a portata di mano, ma poi basta una rete dell’avversario per rimettere tutto in discussione e, anzi, a far crescere un’ansia perniciosa.
AL CENTRO SI PASSA – Con queste premesse, le linee guida del match in qualche modo le ha esposte ieri Strootman, quando ha spiegato come per 70 minuti sia meglio fare la partita e provare a segnare, poi a quel punto eventualmente si proverà a fare calcoli in base al risultato del momento. Ecco, le premesse sono giuste. Meglio scendere in campo per affrontare il Porto «da Roma», piuttosto che impostare un match timoroso, tanto più perché l’ipotetico ultimo triangolo difensivo degli avversari – quello composto dal portiere Casillas e dai difensori centrali Felipe e Marciano – non dà garanzie di impermeabilità, soprattutto pensando che la squadra di Nuno Espirito Santo – pur puntando su un attento 4-4-1-1 – lascerà campo alle ripartenze giallorosse per provare a segnare subito quel gol che sposti gli equilibri.
DIFESA IN CRISI – D’altronde, è proprio la moria dei difensori della Roma a consigliare Spalletti a non limitarsi solo a contenere. Senza lo squalificato Vermaelen e gli infortunati Rüdiger, Florenzi e Torosidis, le fasce dovrebbero essere affidate a Bruno Peres e uno tra Emerson e Juan Jesus, adattato sulla corsia come all’andata. Più probabile perciò che faccia coppia con Manolas l’ex interista, perché Fazio – qualora i reparti non fossero stretti – potrebbe andare in difficoltà. Certo, tutti e tre i brasiliani che potrebbero coprire le fasce giallorosse non sono dei bunker in fase difensiva, tanto più che i vari Otavio, Corona, Adrian Lopez ed esterni bassi pronti a sovrapporsi, come Maxi Pereira e Telles, sono senz’altro in grado di fare male. Perciò, a protezione della retroguardia, meglio puntare sulla solidità di una cerniera di centrocampo assai muscolare come quella composta nel 4-2-3-1 da Strootman, De Rossi e Nainggolan, con quest’ultimo chiamato a fare il primo pressing sul portatore di palla avversario, a turno Danilo o Herrera. Non è un caso che Spalletti ammonisca: «Loro hanno fisicità sulle palle inattive. Ci vogliono centimetri e altezza». In principal modo se il finale dovesse diventare convulso, e in quel caso allora uno come Fazio potrebbe fare comodo.
DZEKO E IL FARAONE – È per tale ragione che l’allenatore conferma l’atteggiamento: «Non ci affideremo al destino, siamo noi che lo determiniamo. Si va a giocare a testa alta, tentando di vincerla da subito, non aspettando nessuno. Dobbiamo fare gol». Per arrivarci, oltre alla velocità di Salah, occorrerà anche la fantasia di Perotti e la vena ritrovata di Dzeko, utile pure per tenere palla e far salire la squadra. Se poi col passare dei minuti le praterie saranno sempre più grandi, possibile che Spalletti decida anche di togliere tutti i punti di riferimento offensivi ai (lenti) centrali di difesa, inserendo El Shaarawy al posto del bosniaco e facendo operare Perotti da finto centravanti. D’altronde, se i numeri raccontano come la difesa giallorossa in Europa abbia subito reti in 30 delle ultime 31 partite, l’attacco ora pare essere una macchina da gol.
OTTO MESI – Inutile nasconderlo, per bilanci e mercato che verrà (da Borja Valero a Tielemans) arrivare nell’Europa che conta sarà fondamentale. «L’abbiamo desiderata per 8 mesi . Siamo noi che abbiamo lavorato per essere qui. Era quello che desideravamo. È dall’inizio dell’anno scorso che è tutto per noi. Dobbiamo fare i padroni perché siamo a casa nostra, tutti quelli che entrano dentro devono adattarsi a questo modo di pensare. Se ti crea tensione questa partita, non puoi stare nella Roma». Un motto da non dimenticare.
(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini)
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