Alessandro Florenzi

(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini/D. Stoppini) In fondo c’è sempre un filo che ci lega al dolore del passato e alla speranza del futuro. Ulisse l’Eroe partiva e soffriva, Penelope la (presunta) Debole restava e attendeva. Alla fine, se ci pensate, hanno vinto (e perso) entrambi. Per questo probabilmente Alessandro Florenzi è stato in qualche modo profetico quando, nei giorni del tormento, ha chiamato sua figlia proprio Penelope. C’era una pazienza da imparare, un tempo dilatato in cui immergere desideri e timori: chi meglio di una bambina alla scoperta del mondo e una moglie innamorata (Ilenia) avrebbero potuto occuparsi di questa sorta di didattica sentimentale? Adesso Alessandro è tornato e dice grazie a tutti. Al destino che gli ha ridato un posto da titolare a due anni esatti dallo straordinario gol al Barcellona (16 settembre 2015); ai 99 palloni giocati nella prima partita di due giorni fa contro il Verona – nessuno più di lui – che gli ricordano come si possa sempre fare un pizzico meglio; persino a Valoti che, andando lungo disteso sulla sua finta, ha impreziosito l’assist del secondo gol giallorosso.

IL BUIO Tutto bello, quindi? Solo ora, quando il tunnel è finito. Il 26 ottobre 2016 – quando il centro Italia tremava per il terremoto e lui per la paura causata dall’infortunio al ginocchio – e il 14 febbraio, quando la ricaduta faceva ripartire tutto da zero, lo stato d’animo di Florenzi era completamente diverso. «I primi momenti non ne potevo più del calcio – ha raccontato –, guardavo solo la partita della Roma allo stadio e poi c’era il buio. Mi dava fastidio, era difficile vedere altri match. Il periodo dell’infortunio, però, l’ho usato per me, nella mia testa, per rendermi ancora più uomo rispetto a quello che ero, mi ha reso più consapevole che serve del lavoro per andare avanti. Sono cresciuto come uomo, ma anche come calciatore, perché stando fuori vedi tante cose». Le cose che contano, però, sono altre, e Alessandro lo sa. «Tutto questo va messo in secondo piano, nel senso che se non avessi avuto gli affetti vicino, non sarei riuscito a fare questo. Senza mia moglie e mia figlia non sarei riuscito assolutamente a fare tutto quello che ho fatto. Mi hanno aiutato dal primo all’ultimo giorno, mentre nel mondo del calcio chi mi ha aiutato di più è stato Daniele De Rossi».

OBIETTIVO ITALIA Adesso che il filo di Penelope è tornato a ricongiungersi col passato, oltre alla Roma c’è la Nazionale che lo attende, anche perché il milanista Conti sarà fuori a lungo per infortunio. «Gli mando un grosso abbraccio – ha detto Alessandro – . Questo è solo un ostacolo verso la carriera fantastica che avrà da calciatore. Certo, ora uno degli obiettivi che ho è il ritorno in azzurro, ma questo passerà dalle mie prestazioni con la Roma. Abbiamo la possibilità di stare in alto, ma dobbiamo pensare che ogni partita sia una finale: il gruppo è solido, i giocatori sono bravi, quindi non dobbiamo porci limiti». Come dire, grazie a Penelope, Ulisse è tornato a casa, e vuole ricominciare a regnare.



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