ULTIME NOTIZIE AS ROMA – Un anno fa Dan Friedkin ereditava una gestione pesantissima: 300 milioni di debiti e le conseguenze, tutte da quantificare, della crisi pandemica. Oggi i conti della Roma continuano ad essere in allarme rosso, nonostante le massicce iniezioni del nuovo proprietario: 188 milioni nelle casse del club, scrive La Gazzetta dello Sport.
La Roma si trova nella stessa situazione di tante altre squadre in giro per l’Italia e l’Europa, ma presenta una doppia specificità che la rende ancor più vulnerabile: il passivo pregresso, frutto delle spese massicce in “cartellini” e stipendi della prima era americana, e la stretta dipendenza dal calciomercato, che il crollo dei prezzi dei trasferimenti ha trasformato in un boomerang.
A leggere i conti giallorossi stupisce, in particolare, l’impennata dell’indebitamento finanziario netto. Dai 9 milioni al 30 giugno 2010 ai 302 del 30 giugno 2021. Una montagna di debiti accumulata, va detto, prima dell’avvento del texano. La cordata guidata da DiBenedetto prima e Pallotta poi s’insediò nel 2011 in virtù di un’intesa con UniCredit (la banca che aveva rilevato la proprietà dalla famiglia Sensi) che prevedeva anche un iniziale prestito dell’istituto-venditore da 50 milioni. Nel 2014 il debito ha sfondato quota 100 milioni per effetto degli investimenti sulla rosa.
Poi la crescita vertiginosa, puntellata dal contratto di finanziamento con Goldman Sachs-UniCredit: 175 milioni nel 2015, incrementati a 230 milioni nel 2017. Il fabbisogno di cassa non accennava a diminuire, tutt’altro. Così, nel 2019 il debito è stato rifinanziato attraverso l’emissione di un bond da 275 milioni: tasso del 5,125%, scadenza nel 2024, con il pegno sulle azioni delle controllate MediaCo e Soccer, titolari dei contratti tv e di sponsorizzazione del club.
L’indebitamento finanziario netto arriva quindi a 300 milioni, al 30 giugno 2020. È questa la posizione che riceve in carico Friedkin. Non a caso, Pallotta e soci sono costretti a registrare una minusvalenza: dopo aver investito circa 330 milioni tra acquisto delle azioni e versamenti in conto capitale, escono di scena incassandone 199 dai nuovi proprietari.
Debiti e Covid: una montagna da scalare. Nell’ultimo anno la posizione finanziaria netta della Roma rimane stabile. È vero che al 31 dicembre 2020 il saldo negativo era sceso a 248 milioni, per poi risalire a 302 al 30 giugno 2021, ma la differenza sta principalmente nei finanziamenti elargiti dall’azionista tra aprile e giugno (a luglio ulteriori 25 milioni), destinati a essere convertiti in “equity” per completare l’aumento di capitale da 210 milioni entro fine anno. L’unico apporto esterno “nuovo” è il prestito bancario da 6 milioni sottoscritto a marzo.
Piuttosto c’è da riflettere sul perché la Roma sia sprofondata nel burrone. Nell’ultimo decennio i giallorossi si sono poggiati sulle plusvalenze e sui premi Champions per tentare di restare in piedi: un’illusione che ha alimentato la spirale dei costi fino a renderla insostenibile. Tra il 2011 e il 2019 le spese sportive (stipendi più ammortamenti) sono schizzate del 109%, da 128 a 268 milioni, mangiandosi tutti i ricavi al netto del trading. Il coronavirus ha fatto precipitare la situazione, così come l’assenza dalla coppa principale per tre anni di fila. Dopo i 204 milioni persi nel 2019-20, nei primi nove mesi della scorsa stagione il deficit è stato di 108 milioni. Quella di Friedkin è una rincorsa ad ostacoli.
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