Lorenzo Pellegrini

AS ROMA NEWS FEYENOORD OLIMPICO – Una maledizione fatta in casa. E meno male che stavolta si è andati altrove, in questo caso va benissimo Tirana e l’Arena Kombëtare, purché non si stia a Roma, all’Olimpico, che quest’anno ha mostrato il meglio di sé come numero di presenze e soprattutto come passione, colori e suoni, scrive Il Messaggero.

Olimpico poco amico però, se parliamo di finali europee: questo il lato scaramantico della vicenda a cui tanti pensano. La Roma non ha avuto la fortuna di giocarne molte di finali, ma quelle poche hanno sempre visto lo stadio della Capitale come il palcoscenico dell’ultimo atto, o se si trattasse di finale secca, o andata e ritorno. Fischio conclusivo (e l’esito) a Roma, all’Olimpico appunto.

Tralasciando la Coppa delle Fiere del 1961, quando il calcio, come ci ha raccontato Giacomo Losi, uno dei protagonisti di quella unica vittoria della Roma, era un’altra cosa, arriviamo alle due storiche delusioni, quella contro il Liverpool e quella contro l’Inter. In tutti e due i casi, l’Olimpico ha visto festeggiare gli altri. L’unica possibilità che aveva la Roma nei primi anni 80 di battere il Liverpool, era quello di poterlo affrontare in casa.

L’Olimpico, stadio designato per la finale della Coppa dei Campioni 83-84, la Roma è dentro da novizia e ci arriva, quasi come fosse un sogno, un miracolo. Tutto portava a pensare che sarebbe stata la notte della Magica, quella sera anche il sole si tinse di rosso (e giallo) per via di un’eclissi mai vista, quasi dedicata alla squadra di Liedholm. Un segnale. Invece l’incantesimo durò poco, e dopo i terribili calci di rigore, l’Olimpico giallorosso si ammutolì. Sette anni dopo, altra coppa, altra squadra: la grande Roma di Falcão era finita con quel trofeo concesso ai Reds, c’era una Roma operaia, guidata da Voeller, Giannini e Aldair più una serie di combattenti, vedi Rizzitelli, Desideri e Nela.

Liedholm era entrato nella storia al di là della sconfitta, Ottavio Bianchi provava a farlo e aveva solo quell’occasione. Ma sempre all’Olimpico si consuma il dramma: la Roma vince, 1-0 gol di Rizzitelli, ma non basta, per via del contestatissimo 2-0 della gara di andata, per un rigore fasullo concesso all’Inter. Che già presentava nell’undici gente come Lothar Matthäus, Jürgen Klinsmann e Andreas Brehme, oltre che i vari Berti, capitan Bergomi e Zenga. Il cuore della Roma non è bastato, l’Olimpico ha pianto, con Giannini, Rizzitelli e Voeller eroi sconfitti.

Stavolta la finale non è lì, siamo a Tirana e i capitani si chiamano Lorenzo Pellegrini e Gianluca Mancini, loro anche pronti a scrivere la storia. Lorenzo si augura «di vivere uno dei giorni più belli della mia vita, per me è la partita più importante: è la mia prima finale e in più lo faccio con questa maglia. Non potrei desiderare qualcosa di meglio. Siamo una squadra vera». Mancini di finali, ne ha giocata una: «Di Coppa Italia, ma questa è un’altra cosa. È la partita più importante della mia carriera. Da inizio anno il nostro obiettivo era la finale. Sappiamo cosa fare, siamo pronti. Feyenoord più riposato? Nelle ultime gare di campionato ci siamo complicati la vita, ma la stanchezza non si deve far sentire. Kumbulla ci ha detto che gli albanesi tiferanno Roma e siamo felici di questo». E non siamo all’Olimpico, stavolta.



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